Ex Tercas, sentenza ribaltata: risarcimenti a 20 risparmiatori
La Corte d’appello modifica la decisione di primo grado che aveva dato ragione all’istituto bancario I giudici: «Ai clienti non venne fornita un’adeguata informazione sui rischi legati alle azioni»
TERAMO. È un’altra sentenza di secondo grado a fare nuova giurisprudenza nella vicenda delle azioni ex Tercas con centinaia di risparmiatori che, all’epoca dei fatti, da un momento all’altro si ritrovarono in mano titoli senza più valore. Dopo gli svariati pronunciamenti di primo grado a favore di decine di risparmiatori, ora c’è una nuova sentenza della Corte d’appello dell’Aquila a stabilire che da parte dell’istituto bancario non ci sia stata un’adeguata informazione ai clienti.
Si tratta di un verdetto che, in questo caso, assume una doppia valenza visto che, nell’accogliere in toto le istanze dei ricorrenti, i magistrati hanno ribaltato un giudizio di primo grado del tribunale civile di Teramo che aveva dato torto a venti risparmiatori sostenendo l’adeguatezza di tutte le informazioni sui rischi delle operazioni date all’epoca dall’istituto di credito e quindi respingendo le richieste di risarcimento. Richieste che sono state accolte dai giudici di secondo grado e che complessivamente sfiorano 250mila euro. A presentare il ricorso la Ferderconsumatori che in questi anni ha assistito più di trecento risparmiatori affidandosi agli avvocati Renzo Di Sabatino e Massimo Cerniglia.
Anche in questo caso i fatti contestati risalgono al 2006, prima del commissariamento Tercas del 2012 e prima dell’ingresso della Banca Popolare di Bari. I giudici di secondo grado (collegio presieduto dal giudice Ciro Marsella, a latere Barbara Del Bono e Mariangela Fuina) nel ricostruire in modo certosino la vicenda, hanno stabilito che per una corretta e adeguata informazione dei rischi «non è sufficiente la sottoscrizione di una dichiarazione». Un pronunciamento che segue l’orientamento consolidato della Cassazione che ormai da tempo, anche a Sezioni unite, ha stabilito questo principio. «Deve escludersi», scrivono i giudici d’appello, « che la firma di moduli precompilati e la consegna di un prospetto informativo di oltre duecento pagine, precisamente di ben 226 pagine, siano idonee a dimostrare che gli investitori fossero stati resi adeguatamente informati ai sensi della normativa, sulle caratteristiche e sui rischi dell’investimento».
E aggiungono: «In particolare, per quanto attiene al prospetto informativo citato, quale documento sui rischi generali deve considerarsi che consolidata giurisprudenza di legittimità ne ha negato l’autosufficienza affermando che “ La consegna del documento sui rischi generali non esaurisce l’obbligo informativo come indicato dal regolamento Consob”». Per i giudici, dunque, appare chiaro che non possano ritenersi correttamente adempiuti, da parte della banca, gli obblighi informativi». «In tal senso», precisano, «si è espressa costante giurisprudenza di legittimità, la quale insegna appunto che la consegna del prospetto informativo non fa venir meno in nessun caso l’obbligo di fornire una informativa specifica e dettagliata sui rischi e sulle caratteristiche dell’investimento proposto».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Si tratta di un verdetto che, in questo caso, assume una doppia valenza visto che, nell’accogliere in toto le istanze dei ricorrenti, i magistrati hanno ribaltato un giudizio di primo grado del tribunale civile di Teramo che aveva dato torto a venti risparmiatori sostenendo l’adeguatezza di tutte le informazioni sui rischi delle operazioni date all’epoca dall’istituto di credito e quindi respingendo le richieste di risarcimento. Richieste che sono state accolte dai giudici di secondo grado e che complessivamente sfiorano 250mila euro. A presentare il ricorso la Ferderconsumatori che in questi anni ha assistito più di trecento risparmiatori affidandosi agli avvocati Renzo Di Sabatino e Massimo Cerniglia.
Anche in questo caso i fatti contestati risalgono al 2006, prima del commissariamento Tercas del 2012 e prima dell’ingresso della Banca Popolare di Bari. I giudici di secondo grado (collegio presieduto dal giudice Ciro Marsella, a latere Barbara Del Bono e Mariangela Fuina) nel ricostruire in modo certosino la vicenda, hanno stabilito che per una corretta e adeguata informazione dei rischi «non è sufficiente la sottoscrizione di una dichiarazione». Un pronunciamento che segue l’orientamento consolidato della Cassazione che ormai da tempo, anche a Sezioni unite, ha stabilito questo principio. «Deve escludersi», scrivono i giudici d’appello, « che la firma di moduli precompilati e la consegna di un prospetto informativo di oltre duecento pagine, precisamente di ben 226 pagine, siano idonee a dimostrare che gli investitori fossero stati resi adeguatamente informati ai sensi della normativa, sulle caratteristiche e sui rischi dell’investimento».
E aggiungono: «In particolare, per quanto attiene al prospetto informativo citato, quale documento sui rischi generali deve considerarsi che consolidata giurisprudenza di legittimità ne ha negato l’autosufficienza affermando che “ La consegna del documento sui rischi generali non esaurisce l’obbligo informativo come indicato dal regolamento Consob”». Per i giudici, dunque, appare chiaro che non possano ritenersi correttamente adempiuti, da parte della banca, gli obblighi informativi». «In tal senso», precisano, «si è espressa costante giurisprudenza di legittimità, la quale insegna appunto che la consegna del prospetto informativo non fa venir meno in nessun caso l’obbligo di fornire una informativa specifica e dettagliata sui rischi e sulle caratteristiche dell’investimento proposto».
©RIPRODUZIONE RISERVATA