Fabbrica cinese, tutti fuorilegge

Sant’Egidio, blitz della Finanza e maximulta a un’azienda con 14 lavoratori senza alcun contratto

SANT’EGIDIO. A scovare l’ennesima fabbrica della clandestinità e dello sfruttamento sono stati gli uomini della guardia di finanza di Teramo. La lotta al lavoro sommerso ingaggiata dalle FIamme gialle del generale di brigata, Francesco Attardi, allunga la lista nera delle aziende cinesi irregolari in provincia di Teramo. Questa volta gli uomini della tenenza di Nereto guidati dal comandante Pietro Sorce e coordinati dal colonnello Pietro Pelagatti, hanno scovato un’azienda con sede a Sant’Egidio alla Vibrata che impiegava operai in nero e qualcuno era anche clandestino. L’impresa è cinese ed opera nel settore dell’abbigliamento: l’intera forza lavoro era costituita da 14 operai, totalmente in nero, mentre un lavoratore era irregolare in Italia.

L’imprenditore coinvolto ha ricevuto la “visita” delle Fiamme gialle che hanno minuziosamente passato in rassegna ogni angolo della fabbrica ed i libri contabili. Il datore di lavoro cinese è stato denunciato all’autorità giudiziaria per violazioni della legge sull’immigrazione e per utilizzo di manodopera in nero. Si tratta di reati penali. L’operazione messa a segno dalla Finanza si inserisce nell’ambito dell’attività di controllo del territorio, coordinato dal comando regionale, finalizzata non solo al contrasto di ogni forma di illegalità economica, tra cui il lavoro nero, ma anche alla tutela dei diritti dei lavoratori. L’esito dell’attività ispettiva ha permesso l’avvio della procedura prevista per l’irrogazione della maxisanzione stabilita dalla normativa in materia di lavoro nero (da 1.500 a 12mila euro per ciascun lavoratore irregolare, maggiorata di 150 euro per ciascuna giornata di lavoro effettivo) nonchè per l’emissione del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale.

Oltre a produrre effetti distorsivi sul mercato del lavoro (concorrenza sleale, ad esempio), il lavoro sommerso rappresenta un costo sociale elevato perchè sottrae risorse al circuito fiscale e della previdenza con indebiti arricchimenti dei datori di lavoro. A ciò, in alcuni casi, si aggiunge anche la cassa integrazione indebitamente percepita dai lavoratori. L’Ispettorato del lavoro ne scoprì diversi in Val Vibrata in cui le aziende facevano ricorso agli ammortizzatori sociali fingendo lo stop della produzione, mentre invece commissionavano il lavoro fuori i propri capannoni. Così i costi della disoccupazione venivano caricati sui contribuenti e l’imprenditore si risparmiava le spese del personale.

Alex De Palo

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