Fadani, la madre si affida al video

Omicidio di Alba. Dopo la condanna a 10 anni del rom spunta la ripresa del delitto: fotogrammi sfocati, ma si notano tre sagome. La famiglia: la sentenza può essere ribaltata. La procura fa appello

ALBA ADRIATICA. Il giorno dopo la sentenza spunta il video dell'omicidio di Emanuele Fadani. Un minuto di fotogrammi: le immagini non sono a fuoco, i volti dei tre rom non si distinguono, i loro corpi sono sagome scure, ma rappresentano un eccezionale documento.

IL VIDEO Le immagini su cui punta la famiglia di Emanuele

Il filmato ha spinto ieri la madre della vittima a dichiarare che in appello la sentenza può essere anche ribaltata. Dieci anni di reclusione ad Elvis Levakovic, di 23 anni, per omicidio preterintenzionale, cioè non volontario; assolti gli altri due rom, Danilo Levakovic e Sante Spinelli, di 23 e 33 anni. Così, giovedì sera a Teramo, si è chiuso il processo con il rito abbreviato, che ha diminuito di un terzo la pena, per il delitto che un anno e mezzo fa ha sconvolto Alba. «La giustizia esiste», hanno esclamato i rom. «E' una vergogna», si è sfogata la famiglia fadani.

Per il giudice Giovanni de Rensis, quindi, il commerciante è stato ucciso con un solo pugno sferrato da Elvis, gli altri due rom non c'entrano. Né l'unico condannato - sempre secondo il giudice - aveva l'intenzione di ammazzare. Elvis voleva ferire Fadani, questo dice la sentenza, sulla base delle prove raccolte dalla procura. Ma Anita D'Orazio, la madre di Emanuele, non ci sta e commenta le immagini del filmato, entrato nelle carte del processo e diffuse dall'emittente locale Teleponte, sostenendo che dimostrano la tesi dell'agguato di tutti e tre gli imputati. Cioè la tesi portata avanti dalla procura che aveva chiesto 30 anni per tutti e tre i rom.

Nei primi fotogrammi del video, infatti, si vedono tre persone muoversi insieme verso la vittima. «Ho atteso il processo per 17 mesi», dice la madre di Fadani, «l'attesa era l'unico motivo che mi teneva in vita. La sentenza ha spezzato tutto». Le parole di Anita D'Orazio sono di rabbia: «Non può esistere la libertà di uccidere». Quindi la donna parla del video: «Dimostra», sostiene, «che Emanuele è stato accerchiato. Come si fa a dire che è un omicidio preterintenzionale? Né si può accettare che una bimba non potrà più avere l'affetto di suo padre». E a chi le chiede cosa pensa della provvisionale di 500mila euro riconosciuta alla parte civile, replica: «Sono soldi sporchi di sangue, non è il valore di una vita umana».

Le speranze della madre sono riposte nel drammatico video. E' lei a sostenere che in appello quei fotogrammi, ripresi dalla telecamera di una banca, possono cambiare le sorti del processo per la morte del figlio. «E' una sentenza che non fa altro che incoraggiare la giustizia fai da te», è lo sfogo dell'associazione "Per non dimenticare", nata dopo il delitto e dopo la reazione violenta di popolo che spinse la sera del delitto centinaia di cittadini ad assaltare le case dei rom di Alba. E mentre la procura dà per scontato il ricorso in appello per chiedere tre condanne e per ribadire la tesi dell'omicidio volontario, la madre di Emanuele conclude così il suo sfogo: «Non è finita qui», dice, «andrò avanti fino all'ultimo respiro».

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