I giudici: Fadani ammazzato dal branco
Alba, le motivazioni della sentenza che in Appello ha condannato tutti e tre i rom
ALBA ADRIATICA. Una spedizione punitiva del branco contro l'imprenditore Emanuele Fadani: a sferrare il pugno mortale è stato Elvis Levakovic, ma moralmente sono responsabili anche gli altri due rom che la sera del delitto erano con lui.
Così i giudici della Corte d'Appello dell'Aquila (presidente Fabrizia Francabandera) motivano perché Danilo Levakovic e Sante Spinelli, assolti in primo grado, devono scontare anche loro dieci anni di reclusione come Elvis. Fadani, imprenditore 39enne di Alba, fu ucciso nel novembre del 2009 con un pugno al volto dopo una discussione con i tre per una dose di cocaina rifiutata quando si trovava in compagnia del suo amico Graziano Guercioni, colpito e ferito con un cazzotto prima di lui. «La reiterata richiesta di sostanza stupefacente», scrivono i giudici, «prima all'interno del locale, poi all'esterno é stato il motivo scatenante dell'azione aggressiva successiva. Gli zingari hanno mostrato sintonia d'azione e di interessi delinquenziali che gli imputati erano adusi palesare in frangenti analoghi a quelli incriminati. La caratteristica che mette insieme il concorso morale dei tre, oltre al colpo sferrato da uno solo di loro é l'agire congiunto». Per i magistrati di secondo grado, così come aveva ipotizzato la procura, Fadani è stato colpito con un calcio anche quando era a terra. I giudici lo collocano tra il pugno mortale e la morte dell'uomo, quando questi era steso, agonizzante sull'asfalto della via. Aveva provocato una ferita alla fronte, che il consulente tecnico dell'accusa non ha ritenuto da correlarsi né alla caduta a terra della vittima e nemmeno a manipolazioni intervenute durante i soccorsi prestatigli. «La natura contusiva della ferita lascia pochi dubbi», scrivono nelle motivazioni i giudici della Corte d'Assise d'Appello, «sul fatto che la stessa é stata causata da un ulteriore colpo inferto alla vittima: pur non essendovi indicazioni ricostruttive in ordine alla paternità dello stesso, é assai verosimile che esso sia stato inflitto proprio nel momento in cui la vittima si trovava a terra circondata dagli imputati». Ma si tratta di un omicidio preterintenzionale, concludono i giudici, perché l'intento dei tre rom, era punitivo per dimostrare e far comprendere a Guercioni e Fadani come avrebbero dovuto in futuro comportarsi nei loro confronti, non più permettendosi di rifiutare quanto dagli stessi richiesto.
Così i giudici della Corte d'Appello dell'Aquila (presidente Fabrizia Francabandera) motivano perché Danilo Levakovic e Sante Spinelli, assolti in primo grado, devono scontare anche loro dieci anni di reclusione come Elvis. Fadani, imprenditore 39enne di Alba, fu ucciso nel novembre del 2009 con un pugno al volto dopo una discussione con i tre per una dose di cocaina rifiutata quando si trovava in compagnia del suo amico Graziano Guercioni, colpito e ferito con un cazzotto prima di lui. «La reiterata richiesta di sostanza stupefacente», scrivono i giudici, «prima all'interno del locale, poi all'esterno é stato il motivo scatenante dell'azione aggressiva successiva. Gli zingari hanno mostrato sintonia d'azione e di interessi delinquenziali che gli imputati erano adusi palesare in frangenti analoghi a quelli incriminati. La caratteristica che mette insieme il concorso morale dei tre, oltre al colpo sferrato da uno solo di loro é l'agire congiunto». Per i magistrati di secondo grado, così come aveva ipotizzato la procura, Fadani è stato colpito con un calcio anche quando era a terra. I giudici lo collocano tra il pugno mortale e la morte dell'uomo, quando questi era steso, agonizzante sull'asfalto della via. Aveva provocato una ferita alla fronte, che il consulente tecnico dell'accusa non ha ritenuto da correlarsi né alla caduta a terra della vittima e nemmeno a manipolazioni intervenute durante i soccorsi prestatigli. «La natura contusiva della ferita lascia pochi dubbi», scrivono nelle motivazioni i giudici della Corte d'Assise d'Appello, «sul fatto che la stessa é stata causata da un ulteriore colpo inferto alla vittima: pur non essendovi indicazioni ricostruttive in ordine alla paternità dello stesso, é assai verosimile che esso sia stato inflitto proprio nel momento in cui la vittima si trovava a terra circondata dagli imputati». Ma si tratta di un omicidio preterintenzionale, concludono i giudici, perché l'intento dei tre rom, era punitivo per dimostrare e far comprendere a Guercioni e Fadani come avrebbero dovuto in futuro comportarsi nei loro confronti, non più permettendosi di rifiutare quanto dagli stessi richiesto.
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