Il giudice le dà un padre dopo sei anni di battaglie
Giovane donna teramana ottiene il riconoscimento della paternità. Per fare il test del Dna chiamato il perito dei delitti Claps e dell’Olgiata
TERAMO. Non ha chiesto soldi e nemmeno il cognome. «Quello che porto lo porto con orgoglio» dice. Per sei anni ha inseguito il diritto alla verità nelle aule di un tribunale: ora ci sono una sentenza e un test del Dna a stabilire che quell’uomo è suo padre, a spazzare via le chiacchiere e le mezze parole che l’hanno inseguita. La storia di L.A., teramana di 33 anni, racconta il dolore di una bimba diventata donna e madre, ma anche il coraggio di chi ha scelto di lottare per inseguire la verità di un padre che di quella figlia non ha mai voluto saperne.
C’è voluta una sentenza del tribunale civile di Teramo (firmata dal giudice Paolo Vassallo) per ottenere il riconoscimento della paternità arrivata in seguito ad approfonditi esami del Dna. E per farli il magistrato ha chiamato Vincenzo Pascali, genetista, ordinario di medicina legale all’università Cattolica del Sacro Cuore, consulente anche nei procedimenti per gli omicidi di Elisa Claps e della contessa Alberica Filo della Torre, il giallo dell’Olgiata. La prima volta l’uomo, residente a Giulianova, non si è presentato. Lo ha fatto la seconda volta. Nel corso dell’istruttoria dibattimentale davanti al giudice sono sfilati decine di testi che hanno raccontato il rapporto tra la madre e quello che oggi è, a tutti gli effetti, il padre di L.A.: un appassionato amore giovanile, conosciuto, pubblico, provato e poi finito. Concluso nel 1979, quando lei resta incinta e partorisce sua figlia, una bambina che diventerà la donna che nel 2006 decide di avviare una causa civile per far sapere a tutti chi è suo padre. Senza chiedere soldi, senza chiedere niente. «Perché io l’ho sempre saputo chi fosse mio padre», racconta, «perché mia madre mi ha sempre detto la verità». Ad assisterla in questo procedimento l’avvocato Claudio Iaconi.
Dopo aver sentito numerosi testi, il giudice ha disposto l’accertamento del Dna: per svariate svolte il consulente ha fatto una comparazione del materiale genetico e dei due. Il risultato è stato sempre lo stesso: l’uomo è il padre. Qualche giorno fa è arrivata la sentenza che, nero su bianco, ha riconosciuto la paternità. Ora L.A. potrà anche decidere di mettere il cognome del padre vicino a quello della madre che l’ha accompagnata in questi 33 anni. Ma per ora non lo farà. «Io da quell’uomo non voglio niente», dice, «volevo solo che la gente sapesse che sono sua figlia e che mia madre ha sempre detto la verità».
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