Il giudice: Melania uccisa per un rapporto sessuale negato
Depositate le motivazioni della sentenza di condanna all’ergastolo a carico di Parolisi, il giudice Tommolini riscrive il delitto Rea: i segreti della caserma e i tradimenti non c’entrano
TERAMO. Uccisa per un rapporto sessuale negato. E' quanto accaduto a Melania Rea secondo le motivazioni della sentenza di condanna all'ergastolo a carico del marito Salvatore Parolisi. Secondo le 67 pagine del documento, depositato ieri, quello di Melania, uccisa il 18 aprile 2011 nella pineta di Ripe di Civitella, non è stato un delitto collegato ai segreti della caserma o ai tradimenti di Salvatore, ma un delitto d'impeto. "Una dinamica bendiversa da quella ipotizzata", scrive il giudice Marina Tommolini che parla di Melania come di una "figura dominante" nella coppia.
Il 18 aprile 2011, fu Melania a chiedere al marito di lasciare "Colle San Marco e di andare al chiosco della pineta, curiosa di conoscere i luoghi ove si addestrava il marito ed in cui era già stata, dovendo però desistere per la neve". Melania, dovendo fare pipì si sarebbe spostata dietro al chiosco "ove il marito, vedendola seminuda, verosimilmente si è eccitato, avvicinandola e baciandola per avere un rapporto sessuale". Melania, però, avrebbe detto no e rifiutato il rapporto con parole dure contro Parolisi. Parole umilianti che avrebbero armato la furia di Parolisi. A questo, punto, scrive il giudice Tommolini, "Parolisi ha reagito all'ennesima umiliazione, sferrando i primi colpi" con un coltello a serramanico che aveva in tasca.
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