L’ex direttore dell’acquedotto: «No alle trivellazioni nel traforo» 

Melaragni: «Al primo tentativo di perforazione l’acqua si è intorbidita perché il sistema è delicato ma gli apparati di sicurezza ci sono e funzionano. Stop ai sondaggi, servono migliori intese tra enti»

TERAMO. Una nuova, autorevole voce dice no alle trivellazioni nel traforo del Gran Sasso programmate dal commissario straordinario per la messa in sicurezza dell’acqua Pierluigi Caputi. Dopo l’ingegnere Giorgio Morelli, ex consulente della Procura di Teramo ai tempi dello sversamento di sostanze tossiche dai laboratori di fisica nucleare, che ha parlato di «sondaggi inutili se non dannosi», interviene sul Centro un altro ingegnere, Aurelio Melaragni, già direttore tecnico di Gran Sasso Acqua Spa, la società acquedottistica aquilana. Il quale, pur rivelando «un’amicizia cinquantennale» con Caputi, fa subito capire di non credere affatto alla versione fornita dal commissario sull’episodio di intorbidimento dell’acqua del Ruzzo avvenuto lunedì scorso, giorno di avvio dei sondaggi, che ha causato l’immediato stop dell’attività. Caputi ha detto in tv e scritto in una nota che i sondaggi non erano ancora iniziati e quindi non ci sarebbe alcun legame tra l’attività da lui disposta e l’acqua torbida. Melaragni scrive: «Non credo a rotture della “canala”, come infatti già smentito da Ruzzo Reti, né a crolli e vibrazioni; al primo tentativo di perforazione l’acqua si è intorbidita come è normale che accada. Meno male che la presenza di sistemi di sicurezza, a protezione della risorsa idrica, lo ha immediatamente rivelato».
L’ingegnere fa poi un excursus storico dei problemi dell’acquifero del Gran Sasso «avendo vissuto direttamente sia i problemi legati alla fuoriuscita di trimetilbenzene dai laboratori dell’Infn nel 2002, sia quelli legati alla presenza nell’acqua di toluene, nel 2016 e 2017, proveniente dall’uso di vernici all’interno delle gallerie autostradali. Nel primo caso furono stanziati 80 milioni di euro, furono effettuati una serie di lavori i cui risultati non ci permettono di affermare che i problemi siano stati risolti. Sembra che i lavori previsti non siano stati ben eseguiti e/o completati; il fatto importante è che il problema, se il problema esiste, è rimasto».
Melaragni evidenzia tuttavia come «sul lato L’Aquila prima e su quello Teramo poi vennero realizzati sistemi di protezione delle acque prima dell’immissione nella rete acquedottistica proprio perché si supponevano interazioni tra le gallerie e le acque che scorrono sotto il piano stradale. Quei sistemi che hanno sempre funzionato perfettamente avevano delle carenze: erano stati pensati per evitare eventuali inquinamenti da un certo numero di sostanze, numero limitato ma allora ritenuto sufficiente. Dopo gli episodi di cui si è già detto i sistemi sono stati di gran lunga potenziati, con capacità di riscontrare un numero enorme di parametri e impedire automaticamente l’ingresso in rete delle acque non ritenute sicure». Insomma, secondo l’ingegnere, nonostante le criticità il sistema per non mettere a rischio l’acqua bevuta da mezzo Abruzzo c’è, e funziona. Melaragni conclude con un esplicito invito a non proseguire nei sondaggi: «Il sistema è complesso e delicato, abbiamo avuto un assaggio di possibili conseguenze (immediatamente rivelate dalle strumentazioni esistenti) al primo approccio con le trivelle. Vogliamo davvero giungere alle conseguenze estreme come la possibile sospensione dell’erogazione per anni e l’incertezza sul recupero del quantitativo d’acqua attualmente disponibile senza comunque mai ottenere la certezza assoluta del raggiungimento dello scopo? È molto più opportuno e realistico puntare su protocolli di intesa coinvolgenti Infn, Strada dei Parchi, Ruzzo Reti, Gran Sasso Acqua, Asl, Arta ed eventualmente altri enti, su una maggiore conoscenza delle dinamiche e dei materiali in uso all’interno dei siti coinvolti, su una rete che connetta i tre spettrometri di massa e gli altri sistemi di verifica in modo da garantire un più efficace monitoraggio della qualità delle acque. Io consiglierei alla politica di avere il coraggio di assumersi delle responsabilità».(d.v.)
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