L'indagato Curti sfregiato in carcere
Di Pietro rivela al pm: «Nel conto svizzero anche 410mila euro in sterline di Tancredi»
TERAMO. Sfregiato in carcere uno degli imprenditori del crac Di Pietro. Guido Curti, 50 anni, è stato ferito dal tunisino che era in cella con lui. Il nordafricano lo ha colpito al volto con una lametta: due tagli profondi sulle guance sferrati mentre Curti stava guardando la tv. L'uomo è stato portato nell'infermeria del carcere e medicato con numerosi punti di sutura.
Dopo l'aggressione, che sarebbe avvenuta dopo un litigio, il tunisino è stato spostato in un'altra cella mentre con Curti è stato messo un altro detenuto. Curti, insieme a Maurizio Di Pietro, è uno dei quattro imprenditori teramani arrestati per la bancarotta fraudolenta da 15 milioni. I due sono gli unici ancora in carcere: qualche giorno fa il gip Marina Tommolini ha respinto per la seconda volta in un mese la richiesta di scarcerazione presentata dal loro legale Cataldo Mariano, che ha presentato anche ricorso in Cassazione. Secondo il giudice restano ancora gravi esigenze cautelari.
L'INTERROGATORIO. «I Di Pietro fanno al pm il nome di Carmine Tancredi», scriveva il Centro il 18 febbraio scorso. A distanza di tre settimane dall'interrogatorio degli arrestati per il crac Di Pietro - gli imprenditori teramani clienti dello studio del commercialista Carmine Tancredi, socio del presidente della Regione, Gianni Chiodi - Repubblica.it e l'Ansa riprendono la notizia arricchendo di nuovi particolari quelle dichiarazioni. «Guarda, ci penso io a risolvere il tuo problema, ho un rapporto ventennale con situazioni estere. Non ti preoccupare, la tua casa al mare, fai una società dove ci metti il tuo appartamento e un altro, un altro e quella sarà la tua situazione di famiglia, starai tranquillo, dopo ci mettiamo d'accordo, ti faccio sapere i prezzi e tutto il resto». A parlare, riferiscono Repubblica e l'Ansa, sarebbe stato Carmine Tancredi. Ma a dire questa frase al pm, Irene Scordamaglia, è l'imprenditore Maurizio Di Pietro, arrestato il 27 gennaio dalla Guardia di finanza per la bancarotta fraudolenta di 4 società - due delle quali, Kappa Immobiliare e De Immobiliare, con sede legale nello studio professionale Chiodi-Tancredi - con una presunta distrazione di beni di 15 milioni di euro, attraverso passaggi tra società estere, in particolare cipriote, con conti svizzeri e inglesi. Di Pietro, da 42 giorni in carcere assieme al suo socio, Guido Curti, ha chiamato in causa il commercialista, definendolo, in sintesi, il regista delle operazioni che oggi vengono ritenute illecite dalla procura teramana.
LE ROGATORIE. Tancredi non è indagato. La procura, prima di prendere nuove decisioni, è in attesa della risposta di due rogatorie bancarie, in Svizzera e Regno Unito. Sono quattro le banche estere, di Londra e Lugano, interessate. «Partiamo, io e Tancredi, e andiamo a Lugano», dice ancora Di Pietro al pm Scordamaglia, «e mi porta nell'ufficio della Colombo (una società finanziaria, ndr): in mezza giornata, praticamente con un pezzo di carta, già avevamo una società off-shore, tanto é vero che dissi, ma non ci serve né notaio, né niente, tutto apposto...». Di Pietro avrebbe dovuto risolvere il problema di una cartella esattoriale Soget che avrebbe fatto saltare un suo appartamento a Tortoreto. Con questa premessa lo stesso dice al pm: «Tancredi torna in Italia, prepara uno statuto, fa la De Immobiliare (una delle società con sede nello studio commerciale e sequestrate dal gip Marina Tommolini, ndr) come se l'avesse costituita lì a Lugano, e acquista il 99% di questa società italiana e la fa dal notaio (...), si mette la sede dentro il suo ufficio, lui é procuratore speciale, mette le limitazioni a chi gestisce la situazione (da visura risulta che l'amministratore Pietro Spinetti, un pensionato che però detiene solo l'1% della società, ndr) che non può fare prelievi, nulla di nulla: lì non si muoveva più paglia se Tancredi non decideva di fare».
410MILA STERLINE. Di Pietro ha anche riferito che la società aprì un conto corrente a Lugano sui cui furono fatti transitare «410mila euro in sterline di proprietà di Tancredi, così come provvide ad acquistare un appartamento a Prati di Tivo su indicazione del commercialista. «Quella», ha aggiunto Di Pietro raccontando il discorso con Tancredi, «praticamente risulterà la mia, poi vediamo come dobbiamo fare, perché mi serve, la dovrà dare in affitto ad un ente. Ma non mi spiegò quale ente era. Ecco io sono stato utilizzato da lui». Dello stesso parere anche l'altro indagato e in cella anche lui, Guido Curti che sempre nell'interrogatorio di febbraio, aggiunge al pubblico ministero che: «Vi manca un pezzetto, e lo capirete quando vi arriveranno le carte da Lugano (la rogatoria internazionale chiesta dalla procura teramana, ndr), perché manca una società ancora. Perché la De Immobiliare è detenuta dalla Ruclesan al 99% ma la cassa della Ruclesan è un'altra società ancora, come pure sulla carta, dove c'é la Trimport, dietro ecco questa io me lo ricordo», aggiunge Curti, «c'é la Cherry ancora, che...». Di Pietro e Curti, anche all'indomani di questo confronto con il pm, si sono visti negare per la seconda volta dal gip, la revoca degli arresti, al contrario di Nicolino Di Pietro (fratello di Maurizio), finito ai domiciliari, e Loredana Cacciatore, la moglie di Curti, per cui il tribunale del Riesame ha annullato l'ordinanza di custodia. La Finanza continua le indagini in cui sono coinvolte sette persone. Il commercialista Carmine Tancredi, come testimone, il 6 giugno 2011 raccontò alla Finanza come i due imprenditori avevano costituito le società all'estero.
LE REAZIONI. E sui particolari pubblicati ieri sul sito on line di Repubblica sono intervenuti Silvio Paolucci, segretario regionale del Pd e il leader abruzzese dell'Idv, Carlo Costantini, con due comunicati con cui tornano ad incalzare il governatore invitandolo a fare totale chiarezza sul coinvolgimento dello studio del socio Tancredi. «Lo aveva già detto», afferma in particolare Costantini, «il legale degli arrestati nel crac Di Pietro in una intervista televisiva: sono persone semplici (i Di Pietro, ndr) non in grado di organizzare meccanismi così complessi».
Dopo l'aggressione, che sarebbe avvenuta dopo un litigio, il tunisino è stato spostato in un'altra cella mentre con Curti è stato messo un altro detenuto. Curti, insieme a Maurizio Di Pietro, è uno dei quattro imprenditori teramani arrestati per la bancarotta fraudolenta da 15 milioni. I due sono gli unici ancora in carcere: qualche giorno fa il gip Marina Tommolini ha respinto per la seconda volta in un mese la richiesta di scarcerazione presentata dal loro legale Cataldo Mariano, che ha presentato anche ricorso in Cassazione. Secondo il giudice restano ancora gravi esigenze cautelari.
L'INTERROGATORIO. «I Di Pietro fanno al pm il nome di Carmine Tancredi», scriveva il Centro il 18 febbraio scorso. A distanza di tre settimane dall'interrogatorio degli arrestati per il crac Di Pietro - gli imprenditori teramani clienti dello studio del commercialista Carmine Tancredi, socio del presidente della Regione, Gianni Chiodi - Repubblica.it e l'Ansa riprendono la notizia arricchendo di nuovi particolari quelle dichiarazioni. «Guarda, ci penso io a risolvere il tuo problema, ho un rapporto ventennale con situazioni estere. Non ti preoccupare, la tua casa al mare, fai una società dove ci metti il tuo appartamento e un altro, un altro e quella sarà la tua situazione di famiglia, starai tranquillo, dopo ci mettiamo d'accordo, ti faccio sapere i prezzi e tutto il resto». A parlare, riferiscono Repubblica e l'Ansa, sarebbe stato Carmine Tancredi. Ma a dire questa frase al pm, Irene Scordamaglia, è l'imprenditore Maurizio Di Pietro, arrestato il 27 gennaio dalla Guardia di finanza per la bancarotta fraudolenta di 4 società - due delle quali, Kappa Immobiliare e De Immobiliare, con sede legale nello studio professionale Chiodi-Tancredi - con una presunta distrazione di beni di 15 milioni di euro, attraverso passaggi tra società estere, in particolare cipriote, con conti svizzeri e inglesi. Di Pietro, da 42 giorni in carcere assieme al suo socio, Guido Curti, ha chiamato in causa il commercialista, definendolo, in sintesi, il regista delle operazioni che oggi vengono ritenute illecite dalla procura teramana.
LE ROGATORIE. Tancredi non è indagato. La procura, prima di prendere nuove decisioni, è in attesa della risposta di due rogatorie bancarie, in Svizzera e Regno Unito. Sono quattro le banche estere, di Londra e Lugano, interessate. «Partiamo, io e Tancredi, e andiamo a Lugano», dice ancora Di Pietro al pm Scordamaglia, «e mi porta nell'ufficio della Colombo (una società finanziaria, ndr): in mezza giornata, praticamente con un pezzo di carta, già avevamo una società off-shore, tanto é vero che dissi, ma non ci serve né notaio, né niente, tutto apposto...». Di Pietro avrebbe dovuto risolvere il problema di una cartella esattoriale Soget che avrebbe fatto saltare un suo appartamento a Tortoreto. Con questa premessa lo stesso dice al pm: «Tancredi torna in Italia, prepara uno statuto, fa la De Immobiliare (una delle società con sede nello studio commerciale e sequestrate dal gip Marina Tommolini, ndr) come se l'avesse costituita lì a Lugano, e acquista il 99% di questa società italiana e la fa dal notaio (...), si mette la sede dentro il suo ufficio, lui é procuratore speciale, mette le limitazioni a chi gestisce la situazione (da visura risulta che l'amministratore Pietro Spinetti, un pensionato che però detiene solo l'1% della società, ndr) che non può fare prelievi, nulla di nulla: lì non si muoveva più paglia se Tancredi non decideva di fare».
410MILA STERLINE. Di Pietro ha anche riferito che la società aprì un conto corrente a Lugano sui cui furono fatti transitare «410mila euro in sterline di proprietà di Tancredi, così come provvide ad acquistare un appartamento a Prati di Tivo su indicazione del commercialista. «Quella», ha aggiunto Di Pietro raccontando il discorso con Tancredi, «praticamente risulterà la mia, poi vediamo come dobbiamo fare, perché mi serve, la dovrà dare in affitto ad un ente. Ma non mi spiegò quale ente era. Ecco io sono stato utilizzato da lui». Dello stesso parere anche l'altro indagato e in cella anche lui, Guido Curti che sempre nell'interrogatorio di febbraio, aggiunge al pubblico ministero che: «Vi manca un pezzetto, e lo capirete quando vi arriveranno le carte da Lugano (la rogatoria internazionale chiesta dalla procura teramana, ndr), perché manca una società ancora. Perché la De Immobiliare è detenuta dalla Ruclesan al 99% ma la cassa della Ruclesan è un'altra società ancora, come pure sulla carta, dove c'é la Trimport, dietro ecco questa io me lo ricordo», aggiunge Curti, «c'é la Cherry ancora, che...». Di Pietro e Curti, anche all'indomani di questo confronto con il pm, si sono visti negare per la seconda volta dal gip, la revoca degli arresti, al contrario di Nicolino Di Pietro (fratello di Maurizio), finito ai domiciliari, e Loredana Cacciatore, la moglie di Curti, per cui il tribunale del Riesame ha annullato l'ordinanza di custodia. La Finanza continua le indagini in cui sono coinvolte sette persone. Il commercialista Carmine Tancredi, come testimone, il 6 giugno 2011 raccontò alla Finanza come i due imprenditori avevano costituito le società all'estero.
LE REAZIONI. E sui particolari pubblicati ieri sul sito on line di Repubblica sono intervenuti Silvio Paolucci, segretario regionale del Pd e il leader abruzzese dell'Idv, Carlo Costantini, con due comunicati con cui tornano ad incalzare il governatore invitandolo a fare totale chiarezza sul coinvolgimento dello studio del socio Tancredi. «Lo aveva già detto», afferma in particolare Costantini, «il legale degli arrestati nel crac Di Pietro in una intervista televisiva: sono persone semplici (i Di Pietro, ndr) non in grado di organizzare meccanismi così complessi».
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