L’industria crolla, più di 1.600 in mobilità
n quattro mesi superato il tetto del milione e mezzo di ore di cassa integrazione.
TERAMO. Sfondato il tetto del milione e mezzo di ore di cassa integrazione. I numeri dell’Inps sono di quelli che fanno tremare e che descrivono una crisi che non accenna ad allentare la presa. Le ore di cassa integrazione ordinaria in provincia, nei primi quattro mesi di quest’anno, sono state un milione 558mila. C’è stato un aumento del 1.393% rispetto allo stesso periodo del 2008, quando furono 106mila. Il monte ore di Teramo è secondo, in regione, solo al Chietino.
Il divario fra 2008 e 2009 è minore per la cassa integrazione straordinaria. Nei primi quattro mesi di quest’anno le ore autorizzate dall’Inps sono state poco più di un milione, (255.984 nel 2008). La differenza fra i due tipi di cassa integrazione è basilare: la prima si usa per crisi ritenute passeggere, la seconda per le più gravi. «I dati sono preoccupanti», commenta il presidente dell’Inps, Aldo Verna, «la crisi non è finita. La caduta degli indicatori si sta attenuando, ma non ci sono segni di risalita. Certo è che se il calo avesse mantenuto la stessa progressione di gennaio-febbraio, le cifre sarebbero ancora peggiori».
La forbice si attenua ancor di più sulla mobilità. Sono 1.662 i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, cioè licenziati nel periodo gennaio-aprile 2009 (1.585 nel 2008). La spiegazione del lievissimo scostamento è semplice: alle liste di mobilità si arriva di solito dopo un percorso fatto di cassa integrazione ordinaria, poi di straordinaria. Solo alla fine arriva il licenziamento, per cui le gravi crisi che vivono ora alcune aziende, probabilmente, produrranno licenziamenti fra alcuni mesi.
I settori in difficoltà che hanno fatto maggior ricorso alla Cig sono meccanico, tessile, legno, chimico, l’abbigliamento. Negli ultimi quattro mesi sono entrati in crisi settori che l’anno scorso hanno usufruito pochissimo della cassa integrazione come legno, chimico e meccanico.
Secondo il presidente dell’Inps c’è un modo per aiutare le imprese a superare la crisi. «Si possono fare 52 settimane Cig in due anni», afferma Verna, «bisogna portarle a 104. Alcune aziende, in provincia, stanno arrivando al tetto, dopo dovranno per forza passare alla cassa integrazione straordinaria o al licenziamento. Sono tutti passi verso la chiusura, fino al distacco del rapporto di lavoro».
Comunque sia, Verna rileva che il ricorso agli ammortizzatori sociali per il lavoratore comporta un netto abbassamento del reddito. «Durante cassa integrazione o la mobilità si perde anche il 50% del salario. C’è il massimale per cui chi ha la retribuzione mensile fino a 1.917 euro prende al massimo 834 euro. Chi ha un salario superiore, arriva a 1.003 euro. Dunque la Cig non è 80% del salario reale, come si crede».
Verna nutre dubbi sul nuovo sistema di ammortizzatori sociali “in deroga” che copre le aziende con meno 15 dipendenti. Fino al 31 gennaio le piccole imprese potevano disporre di 52 settimane di Cig e 78 di mobilità. «Ora con il nuovo assessore regionale non ci sono più i tetti del passato, ma si riparte solo da 13 settimane di Cig, però estesa anche a precari e apprendisti e a tutti i settori. Ma prima i licenziati avevano la mobilità, ora non hanno niente. Si potrebbe obiettare che c’è una legge, la 2, che dà la possibilità all’azienda di ricorrere a una sospensione per tre mesi. Ma non la usa quasi nessuno».
Il divario fra 2008 e 2009 è minore per la cassa integrazione straordinaria. Nei primi quattro mesi di quest’anno le ore autorizzate dall’Inps sono state poco più di un milione, (255.984 nel 2008). La differenza fra i due tipi di cassa integrazione è basilare: la prima si usa per crisi ritenute passeggere, la seconda per le più gravi. «I dati sono preoccupanti», commenta il presidente dell’Inps, Aldo Verna, «la crisi non è finita. La caduta degli indicatori si sta attenuando, ma non ci sono segni di risalita. Certo è che se il calo avesse mantenuto la stessa progressione di gennaio-febbraio, le cifre sarebbero ancora peggiori».
La forbice si attenua ancor di più sulla mobilità. Sono 1.662 i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, cioè licenziati nel periodo gennaio-aprile 2009 (1.585 nel 2008). La spiegazione del lievissimo scostamento è semplice: alle liste di mobilità si arriva di solito dopo un percorso fatto di cassa integrazione ordinaria, poi di straordinaria. Solo alla fine arriva il licenziamento, per cui le gravi crisi che vivono ora alcune aziende, probabilmente, produrranno licenziamenti fra alcuni mesi.
I settori in difficoltà che hanno fatto maggior ricorso alla Cig sono meccanico, tessile, legno, chimico, l’abbigliamento. Negli ultimi quattro mesi sono entrati in crisi settori che l’anno scorso hanno usufruito pochissimo della cassa integrazione come legno, chimico e meccanico.
Secondo il presidente dell’Inps c’è un modo per aiutare le imprese a superare la crisi. «Si possono fare 52 settimane Cig in due anni», afferma Verna, «bisogna portarle a 104. Alcune aziende, in provincia, stanno arrivando al tetto, dopo dovranno per forza passare alla cassa integrazione straordinaria o al licenziamento. Sono tutti passi verso la chiusura, fino al distacco del rapporto di lavoro».
Comunque sia, Verna rileva che il ricorso agli ammortizzatori sociali per il lavoratore comporta un netto abbassamento del reddito. «Durante cassa integrazione o la mobilità si perde anche il 50% del salario. C’è il massimale per cui chi ha la retribuzione mensile fino a 1.917 euro prende al massimo 834 euro. Chi ha un salario superiore, arriva a 1.003 euro. Dunque la Cig non è 80% del salario reale, come si crede».
Verna nutre dubbi sul nuovo sistema di ammortizzatori sociali “in deroga” che copre le aziende con meno 15 dipendenti. Fino al 31 gennaio le piccole imprese potevano disporre di 52 settimane di Cig e 78 di mobilità. «Ora con il nuovo assessore regionale non ci sono più i tetti del passato, ma si riparte solo da 13 settimane di Cig, però estesa anche a precari e apprendisti e a tutti i settori. Ma prima i licenziati avevano la mobilità, ora non hanno niente. Si potrebbe obiettare che c’è una legge, la 2, che dà la possibilità all’azienda di ricorrere a una sospensione per tre mesi. Ma non la usa quasi nessuno».