L'omicidio di Melania, conclusa la prima giornata del processo d'Appello. Il procuratore: confermare l'ergastolo/ Video

Il procuratore generale Como è appena uscito dall'aula ed ha confermato la richiesta di ergastolo. Sul banco degli imputati il marito di Melania Rea, il caporalmaggiore Salvatore Parolisi è stato quasi dieci ore in aula

TERAMO. È appena iniziata l'udienza in Appello del processo per l'omicidio di Melania Rea, uccisa il 18 aprile 2011. Sul banco degli imputati il marito, il caporalmaggiore Salvatore Parolisi, presente in aula. All' esterno del tribunale aquilano un notevole schieramento di forze dell'ordine. Con Parolisi in udienza ci sono gli avvocati che ne hanno seguito fin qui l'iter giudiziario, cioé Walter Biscotti e Nicodemo Gentile. Per la famiglia Rea il legale è Mauro Gionni.

«Sono innocente, questa volta mi devono credere perchè io voglio rivedere mia figlia». Salvatore Parolisi guarda il suo futuro di padre da sbarre e spioncini. Nella sala colloqui del carcere di Teramo stringe le mani dei suoi legali e avverte la forza d’urto dell’abisso in cui è precipitato. «E’ consapevole di tutto quello che può succedere», dice l’avvocato Federica Benguardato, «ma è fiducioso». Nel giorno in cui la condanna all’ergastolo per il delitto della moglie Melania Rea affronta il banco dell’Appello, l’ex caporal maggiore spera che quel «da capo» possa cancellare il peso del fine pena mai stabilito in primo grado. Condannato per omicidio pluriaggravato e vilipendio di cadavere, Parolisi dal 20 aprile del 2011 è nel ventre di un delitto diventato caso nazionale, una vicenda tanto oscura quanto straziante. «Prossimamente farà dichiarazioni spontanee» dice l’avvocato Benguardato, uno dei suoi tre legali insieme a Valter Biscotti e Nicodemo Gentile, «il suo pensiero è sempre per la figlia che sente ogni settimana per telefono». La sentenza di primo grado gli ha revocato la potestà genitoriale della bambina, ma lui ha fatto istanza al tribunale dei minori perchè la vuole vedere. La prima udienza è stata fissata a gennaio. Ma l’Appello può rimettere tutto in discussione.Il caporal maggiore sa che un omicidio è un caso chiuso solo con una sentenza di condanna definitiva. E allora davanti agli otto giudici della Corte d’Assise d’Appello (i due togati e i sei popolari) oggi inizia un altro scontro tra difesa e accusa.

 

Per i legali di Parolisi il quadro probatorio emerso in primo grado è un castello di congetture ipotetiche e fantastiche culminate con le motivazioni di una sentenza «senza senso», per la pubblica accusa un solido impianto innalzato su attività investigative, testimonianze e collegamenti di eventi: il tutto secondo un procedimento che parte da una intuizione e cerca la conferma mediante un ragionamento logico deduttivo. Perchè quello a Parolisi è un processo indiziario. Per la procura l’assassino è il marito di Melania: è lui che ha ucciso la donna nel bosco di Ripe e poi due giorni dopo è tornato a incidere segni sul suo corpo per depistare le indagini. Un delitto d’impeto – un raptus per un rapporto sessuale negato si legge nelle motivazioni della sentenza di primo grado arrivata al termine di un rito abbreviato affidato al giudice Marina Tommolini – per un uomo che aveva detto all’amante che si stava separando e che in quei giorni l’avrebbe raggiunta per conoscere i suoi genitori. E ancora. Sulla bocca di Melania c’è il Dna di Parolisi: questo, per l’accusa, significa che è stata l’ultima persona ad averla vista viva. Ma per la difesa non è Parolisi l’assassino di Melania. Non c’è nessuna certezza, perchè non c’è nessuna certezza scientifica sull’ora della morte. Nessuna macchia di sangue sull’auto, sui vestiti di Parolisi. Nessuna certezza sulla presenza del caporal maggiore nel bosco di Ripe il 18 aprile del 2011. La sorella Francesca lo difende in tv e dice: «è innocente, non c’entra niente». La Cassazione ha più volte chiarito che la prova indiziaria deve consentire la ricostruzione del fatto e delle relative responsabilità in termini di certezza tali da escludere la prospettabilità di ogni altra ragionevole soluzione. Oltre ogni ragionevole dubbio. Oggi in aula la parola alla pubblica accusa e alle parti civili (gli avvocati Mauro Gionni e Franca D’Amario). Venerdì la parola alla difesa. Lunedì la sentenza.

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