La Regione salva Varrassi: resta alla Asl di Teramo
La giunta Chiodi non lo licenzia, il verdetto nel giorno in cui la sinistra gli consegna 4 mila firme di protesta per Oncologia
TERAMO. Nel giorno in cui il centrosinistra gli consegna oltre 4mila firme per spingerlo a ripristinare il dipartimento di Oncologia, il manager della Asl di Teramo Giustino Varrassi incassa la notizia che il suo mandato – salvo eventi apocalittici – durerà fino alla scadenza naturale, ovvero il prossimo 30 novembre.
Ieri si è infatti riunita la giunta regionale, chiamata ad esprimersi sull’opportunità o meno di continuare con la procedura di rescissione del contratto avviata ai danni di Varrassi nello scorso ottobre. Ebbene: alla luce del parere legale fornito alla Regione dall’Avvocatura dello Stato, Gianni Chiodi e i suoi assessori hanno deciso che la procedura va interrotta. Motivo? In sintesi: sarebbe molto rischioso per la Regione licenziare Varrassi a causa delle vicende giudiziarie che lo vedono coinvolto, poiché ci sarebbe una sproporzione tra la gravità di queste vicende – ancora da accertare in sede penale o, nel caso dell’auto blu, in qualche modo sanate dal manager – e un provvedimento definitivo come il licenziamento. Nel caso in cui si innescasse un contenzioso con il direttore generale, dunque, la Regione rischierebbe di soccombere e di pagare a Varrassi non solo tutti i compensi fino a fine mandato, ma anche i danni che lui certamente chiederebbe.
Il presidente Chiodi non vede nulla di strano o di anomalo nella conclusione di una vicenda che si trascina dalla scorsa estate, da quando cioé gli uffici della Regione dettero una valutazione positiva dell’operato di Varrassi a metà mandato. Nel contempo, la giunta – su iniziativa dell’assessore Paolo Gatti, da sempre molto critico con Varrassi – ritenne di chiedere alla Procura di Teramo gli atti sulle inchieste penali che interessavano il manager. In seguito, letti quegli atti, la direzione regionale sanità propose alla giunta l’avvio della procedura di rescissione contrattuale «per violazione di leggi» e la giunta dette l’ok. A fermare le bocce, a dicembre, è stato un parere legale richiesto all’avvocato Federico Tedeschini di Roma, secondo il quale non era opportuno licenziare Varrassi. Di qui la richiesta di un secondo parere all’Avvocatura, che sia pure con sfumature diverse ha spostato la tesi Tedeschini. Chiodi dice: «Due pareri su tre ci dicono che è inopportuno procedere e noi ora dobbiamo attenerci all’aspetto amministrativo, non a quello politico, perché questa è una procedura regolata dalla legge. Così come abbiamo fatto quando la nostra direzione sanità ha valutato Varrassi in grado di raggiungere gli obiettivi aziendali. Una scelta politica, mia e che non rinnego, è stata invece avviare il procedimento. Se ho fiducia in Varrassi? Non fatemi questa domanda. Io spero possa lavorare nel miglior modo possibile per la sanità teramana, se e quando emergeranno ulteriori evidenze le valuteremo». Nella giunta di ieri erano assenti Gatti e Febbo, «ma quella di Gatti non è assolutamente un’assenza polemica», dice Chiodi, «ci siamo sentiti al telefono e lui ha concordato che dopo il parere dell’Avvocatura non si poteva fare altro».
Il direttore generale ieri ha così commentato lo stop al suo licenziamento in un’intervista a Teleponte: «Sono sempre stato tranquillo. E’ normale che il governatore volesse essere più che sicuro, al suo posto io avrei fatto la stessa cosa. Di certo per questa vicenda si è creato un clima d’incertezza in azienda e si sono rallentati alcuni processi produttivi. Io ho continuato a lavorare con la stessa lena di sempre, ora mi auguro che si torni al clima di serenità e produttività dell’inizio del mio mandato».
Tuttavia, inchieste a parte, la pressione politica contro Varrassi da parte del centrosinistra resta fortissima. Ieri dirigenti di quattro partiti – Pd, Idv, Sel e Federazione della Sinistra – hanno consegnato all’ufficio protocollo della Asl le 4.068 firme raccolte in tutta la provincia allo scopo di ripristinare il dipartimento oncologico della Asl, abolito da Varrassi nel 2011. «Senza un polo oncologico», hanno detto in sintesi, «le poche risorse umane disponibili non vengono gestite a dovere e ci rimettono per primi i malati, ma anche medici costretti a coprire turni di 24 ore».
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