Lotto zero, l’Anas risarcisce 350mila euro
Tre proprietari di case lesionate dagli scavi vincono le cause: il giudice condanna l’ente a rifondere danni e spese
TERAMO. Dopo dieci anni di battaglie nelle aule di giustizia hanno ottenuto giustizia. Sono tre proprietari di immobili lesionati dagli scavi delle gallerie del Lotto zero: il tribunale dell’Aquila ha disposto che vengano risarciti per i danni subiti alle proprie abitazioni. Si tratta di tre cause intentate dall’avvocato Gaetano Ronchi nel settembre 2004, che difendeva gli interessi di Valerio Profeta, proprietario di un appartamento del condominio Gerani di Porta Romana, del proprio studio legale, nello stesso stabile, e di Alessandra Giunco, proprietaria di un’abitazione in vico del Pero.
Sono diversi i passi delle sentenze che attribuiscono all’Anas pesanti responsabilità: ad esempio «non ha posto in essere alcuna azione nella fase di scavo delle gallerie volta ad evitare cedimenti del terreno o lesionamenti degli edifici, pur dovendo essere a conoscenza di tali fenomeni», si legge in quella che riguarda la causa Profeta. «I danni derivano direttamente dall’opera dell’uomo ovvero dalla realizzazione della medesima senza le cautele e gli accorgimenti necessari ad evitare la produzione di danni a terzi e non, dalla cosa in sè», si legge nella sentenza Giunco. Per quanto riguarda quest’ultima l’Anas, in solido con la Sparaco Spartaco spa in liquidazione (mandataria esecutrice dei lavori in Ati con la Coopcostruttori) e con la subappaltatrice Vienne Gallerie in fallimento, è stata condannata (con una responsabilità concorrente dell’Anas del 65%, della Sparaco Spartaco del 15% e del fallimento Vienne del 20%) a risarcire il danno. In sostanza dovranno corrispondere 73.677,70 euro per i danni, 18.900 per lucro cessante (cioè gli interessi decorrenti dal verificarsi del danno alla pubblicazione della sentenza); le spese legali l per 10mila euro. Ai centomila euro circa, si sommano le spese di Ctu quantificabili in 10mila euro che il giudice Maria Carmela Magarò ha posto a carico dei soccombenti e le spese legali (9mila euro) in favore del Comune di Teramo. Il giudice, infatti, ha escluso la responsabilità del Comune. Per Profeta il risarcimento ammonta a 60.765,52 per danni; 16mila per lucro cessante; 10mila per spese legali. L’Anas dovrà dunque versare al proprietario 87mila mila euro circa. Anche in questo caso si sommano 10mila euro per le spese di Ctu e 9mila per le spese legali del Comune. Lo studio Ronchi riceverà 64.484 euro per danni; 16mila per lucro cessante; 15mila per spese legali, per un totale di 96mila euro. Anche qui l’Anas dovrà liquidare identiche somme per Ctu e spese legali per il Comune.
«In totale», spiega Gaetano Luca Ronchi, figlio dell’avvocato Gaetano Ronchi scomparso la scorsa estate, che ora segue le cause con la sorella Angela e Daniela Pirocchi, «per queste tre cause l’Anas dovrà sborsare 350mila euro oltre alle spese per i propri tecnici di parte e i legali incaricati. Mio padre aveva seguito due precedenti cause che sono state già decise: una promossa dal condominio Gerani che ha già ottenuto un risarcimento di oltre 920mila euro e un’altra promossa dalla proprietaria di un altro appartamento nello stesso stabile, Annamaria Profeta che ha ottenuto un risarcimento di 120mila euro. Chiaramente a queste somme, già versate dall’Anas, si sono aggiunti interessi, spese legali e altro». Queste due sentenze sono state emesse dal tribunale di Teramo, perché, non è intervenuto in giudizio il ministero per i Beni culturali (che su richiesta del Comune di Teramo, si è costituito nelle tre cause in questione, il che ha determinato lo spostamento per competenza all’Aquila.
«Le tre sentenze sono arrivate purtroppo dopo la morte di mio padre, che avrebbe gradito questo esito. Si era dedicato molto a queste cause: riteneva che quanto accaduto fosse un’ingiustizia, al di là dell’aspetto legale. Ora attendiamo altre tre sentenze, per controversie intentate sempre davanti al tribunale dell’Aquila, da altrettanti proprietari di immobili del condominio Gerani», conclude l’avvocato.
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