Melania, il test del Dna scagiona i tre macedoni
Il risultato di un primo test eseguito in laboratorio dai carabinieri del Ris: la traccia trovata nella giacca di Melania Rea non appartiene ai tre operai e che si erano presentati spontaneamente dai carabinieri già nei primi giorni delle indagini e che erano stati chiamati in causa nell'udienza dello scorso 30 marzo
TERAMO. Ora è anche una certezza scientifica. I tre macedoni non sono mai stati nel bosco di Ripe: il loro Dna non è compatibile con quello trovato sul corpo di Melania Rea. E' questo l'esito di un primo confronto eseguito nei laboratori dei carabinieri del Ris su richiesta della procura. In particolare il campione di Dna degli operai è stato confrontato con una piccola traccia di Dna maschile trovata sulla giacca della vittima: una delle poche non riconducibili al marito Salvatore Parolisi, il caporal maggiore imputato di omicidio.
La vita dei macedoni, operai in un cantiere edile a Colle San Marco (vicino al luogo della scomparsa di Melania), era già stata scandagliata dalla procura di Ascoli subito dopo il ritrovamento del corpo, quando in una girandola di perquisizioni e interrogatori i tre avevano dato la loro disponibilità al prelievo spontaneo del Dna. Ma allora - Parolisi non era ancora indagato - gli accertamenti esclusero ogni loro possibile presenza sul luogo del delitto. La posizione dell'unico indagato, iscrizione fatta per consentire il sequestro della macchina, è stata già archiviata.
Ma in un processo in cui l'imputato è accusato di omicidio pluriaggravato nulla può essere tralasciato. Per questo il giudice Marina Tommolini, davanti al quale si celebra il rito abbreviato, nell'udienza del 30 marzo ha disposto il prelievo del Dna ai macedoni (che si sono presentati spontaneamente dai carabinieri) e ha fissato per il 30 maggio la loro audizione. Non è escluso che, in quella data, il magistrato possa chiedere direttamente ai suoi consulenti di fare un altro confronto tra i Dna dei tre e quello trovato sul corpo della vittima. E' evidente che l'obiettivo sia quello di procedere processualmente spazzando via ogni dubbio. Anche il più piccolo. Anche il più infinitesimale.
E nei dieci faldoni dell'inchiesta c'è una zona d'ombra che il giudice vuole illuminare: quella che riguarda il momento in cui il cane molecolare (ritenuto inattendibile dalla procura che ha disposto anche una contro perizia con un super esperto che sarà ascoltato nell'udienza di fine maggio) si ferma davanti al cantiere edile di Colle San Marco dove i tre lavoravano, in particolare davanti alla macchina di uno di loro. Quella Fiat Bravo che i carabinieri del Ris hanno sequestrato e perlustrato senza trovare nessuna traccia di sangue.
Intanto l'11 maggio i consulenti del gip, insieme a quelli nominati dalla difesa, dalla parte civile e dalla procura, inizieranno le operazioni per la super perizia. Un esame a cui la difesa di Parolisi ha ancorato la richiesta del rito abbreviato. La consulenza, in novanta giorni, dovrà rispondere ad un quesito su tutti: l'ora della morte. Il tutto partendo da un elemento che non agevola il lavoro nè dei periti e nè dei magistrati: il medico legale che il 20 aprile, giorno della scoperta del delitto, fece il primo intervento non misurò la temperatura del cadavere. (d.p.)
La vita dei macedoni, operai in un cantiere edile a Colle San Marco (vicino al luogo della scomparsa di Melania), era già stata scandagliata dalla procura di Ascoli subito dopo il ritrovamento del corpo, quando in una girandola di perquisizioni e interrogatori i tre avevano dato la loro disponibilità al prelievo spontaneo del Dna. Ma allora - Parolisi non era ancora indagato - gli accertamenti esclusero ogni loro possibile presenza sul luogo del delitto. La posizione dell'unico indagato, iscrizione fatta per consentire il sequestro della macchina, è stata già archiviata.
Ma in un processo in cui l'imputato è accusato di omicidio pluriaggravato nulla può essere tralasciato. Per questo il giudice Marina Tommolini, davanti al quale si celebra il rito abbreviato, nell'udienza del 30 marzo ha disposto il prelievo del Dna ai macedoni (che si sono presentati spontaneamente dai carabinieri) e ha fissato per il 30 maggio la loro audizione. Non è escluso che, in quella data, il magistrato possa chiedere direttamente ai suoi consulenti di fare un altro confronto tra i Dna dei tre e quello trovato sul corpo della vittima. E' evidente che l'obiettivo sia quello di procedere processualmente spazzando via ogni dubbio. Anche il più piccolo. Anche il più infinitesimale.
E nei dieci faldoni dell'inchiesta c'è una zona d'ombra che il giudice vuole illuminare: quella che riguarda il momento in cui il cane molecolare (ritenuto inattendibile dalla procura che ha disposto anche una contro perizia con un super esperto che sarà ascoltato nell'udienza di fine maggio) si ferma davanti al cantiere edile di Colle San Marco dove i tre lavoravano, in particolare davanti alla macchina di uno di loro. Quella Fiat Bravo che i carabinieri del Ris hanno sequestrato e perlustrato senza trovare nessuna traccia di sangue.
Intanto l'11 maggio i consulenti del gip, insieme a quelli nominati dalla difesa, dalla parte civile e dalla procura, inizieranno le operazioni per la super perizia. Un esame a cui la difesa di Parolisi ha ancorato la richiesta del rito abbreviato. La consulenza, in novanta giorni, dovrà rispondere ad un quesito su tutti: l'ora della morte. Il tutto partendo da un elemento che non agevola il lavoro nè dei periti e nè dei magistrati: il medico legale che il 20 aprile, giorno della scoperta del delitto, fece il primo intervento non misurò la temperatura del cadavere. (d.p.)
© RIPRODUZIONE RISERVATA