Melania, la sentenza bis toglie a Parolisi anche la figlia

Confermata la revoca della potestà genitoriale, ma l’ex caporale chiederà lo stesso ai giudici di poter vedere la bimba

TERAMO. E’ in quel «conferma nel resto l’impugnata sentenza» pronunciato dal giudice che Parolisi perde ancora il diritto di essere padre. Anche la Corte d’Assise d’Appello gli revoca la potestà genitoriale, così come già avvenuto in primo grado. Se la sentenza bis spazza via ogni speranza di assoluzione che l’ex caporalmaggiore serba fino alla lettura del dispositivo che lo condanna a 30 anni per l’omicidio della moglie Melania Rea, rotola come un macigno sulla possibilità che l’uomo possa vedere la figlioletta. Ipotecando da subito la battaglia nel frattempo avviata per la bambina: il 26 gennaio, infatti, al tribunale dei minori di Napoli è fissata la prima udienza per il ricorso presentato dall’uomo. «E’ una sentenza giusta», commenta il giorno dopo l’avvocato Mauro Gionni, che con l’avvocato Franca D’Amario rappresenta la famiglia Rea , «perchè Parolisi è stato riconosciuto colpevole e nei fatti resta un condannato all’ergastolo pur con lo sconto dovuto alla riduzione di un terzo della pena per la scelta del rito abbreviato».

I giudici della Corte d’Appello (presidente Luigi Catelli, a latere Armanda Servino) hanno inanellato otto ore di camera di consiglio per emettere una sentenza (le cui motivazioni ci saranno tra novanta giorni) che conferma la colpevolezza dell’ex caporal maggiore, le aggravanti della minorata difesa e il reato di vilipendio pur non aggravato. Il procuratore generale Romolo Como, nel chiedere la conferma all’ergastolo, ha invitato la corte a rivedere le motivazioni della sentenza di primo grado. Intanto la difesa di Parolisi annuncia battaglia in Cassazione. Dicono gli avvocati Nicodemo Gentile, Valter Biscotti e Federica Benguardato: «E’ importante aver eliminato l’ergastolo ma ci aspettavamo una sentenza leggermente più umana. Ora aspettiamo di conoscere le motivazioni. I processi finiscono in Cassazione e un caso di omicidio e un caso chiuso solo con il pronunciamento dei giudici della Suprema Corte. C’è amarezza perchè la pena, anche se di trent’anni, è severa. Ma non ci fermeremo e Salvatore Parolisi continuerà a lottare per dimostrare la sua innocenza. Perchè lui il 18 aprile del 2011 non era nel bosco di Ripe e non ha ucciso la moglie Melania».

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