"Melania Rea è stata uccisa dal marito" Il giudice d'appello condanna Parolisi a 30 anni

Anche per la corte d'assise d'appello dell'Aquila a uccidere la giovane donna nel bosco di Ripe di Civitella è stato l'ex caporal maggiore dell'esercito

L’AQUILA. Salvatore Parolisi ha ucciso la moglie Melania Rea. Anche per la corte d’assise d’appello dell’Aquila, l’ex caporalmaggiore è responsabile del delitto a Ripe di Civitella. È lui che, il 18 aprile del 2011, ha ucciso la giovane donna con 35 coltellate nel bosco ai confini tra l’Abruzzo e le Marche. La pena stabilita dal giudice è di 30 anni, in primo grado Parolisi era stato condannato all'ergastolo. Il giudice gli ha riconosciuto lo sconto di pena di un terzo per aver scelto di essere giudicato, già in primo grado, con il rito abbreviato, ha diminuita l’aggravante del vilipendio mentre ha confermato la crudeltà. La Corte ha inoltre deciso di togliere l’isolamento diurno. Questo, almeno, il primo commento tecnico dell’avvocato Mauro Gionni, legale della famiglia Rea. La giovane donna di Somma Vesuviana era stata uccisa nel bosco di Ripe di Civitella (Teramo). La Corte era presieduta da Luigi Catelli, a latere Armanda Servino.

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La famiglia Rea: sentenza giusta, ma Melania non c'è più. «Eravamo sicuri di questo esito ma c'è rammarico e solo tristezza per non avere più Melania. Per noi non è assolutamente una vittoria», così lo lo zio di Melania Rea, Gennaro, subito dopo la sentenza. All'esterno del tribuanle ha parlato anche il fratello di Melania, Michele: «Abbiamo lottato per arrivare fin qui, abbiamo creduto nella giustizia, ora è arrivata questa sentenza tanto attesa. Salvatore ha riportato questa ennesima condanna pesante, e sebbene resti sempre una sconfitta per la vita, resta una vittoria per la giustizia».

VIDEO Gennaro e Michele Rea commentano la sentenza

Gli avvocati di Parolisi annunciano il ricorso in Cassazione. "Salvatore si aspettava qualcosa di diverso, non dico l'assoluzione, ma... Ora non ci resta che accettare il verdetto, non ci resta che attendere le motivazioni": così uno degli avvocati di Parolisi, Nicodemo Gentile, all'uscita della Corte d'Appello dell'Aquila. "È importante aver eliminato l'ergastolo - ha concluso il legale - ma ci aspettavamo una sentenza leggermente più umana". Valter Biscotti, un altro legale di Salvatore Parolisi annuncia invece il ricorso in Cassazione: "La Corte ha ritenuto di dover aderire alla ricostruzione fatta in primo grado dalla dottoressa Tommolini. Aspettiamo con ansia di leggere le motivazioni, nella speranza di non trovare ulteriori versioni. Siamo gente abituata a lottare, i processi penali finiscono in Cassazione, ci sono sentenze di condanna che possono essere ribaltate. C'è amarezza perché la pena, anche se di trent'anni, è severa. Ma non ci fermeremo".

L’ultima udienza e la camera di consiglio. In mattinata si è tenuta l’ultima udienza del processo d’appello. È terminata dopo circa 3 ore con le repliche. All’uscita dall’aula nessun commento da parte del procuratore generale Romolo Como che aveva chiesto la conferma della condanna all’ergastolo per l’imputato. Anche i legali dell’ex caporalmaggiore dell’esercito hanno ribadito la loro posizione, sottolineando in particolare l’esistenza di “ragionevoli dubbi” chiedendo alla corte “un giudizio sereno e equilbrato perché quella di primo grado è stata una decisione molto di cuore e non di testa”. Più movimentata la replica finale dell’avvocato di parte civile Mauro Gionni che, pur sottolineando “il rispetto per quello che diranno i giudici”, ha riprodotto in aula una chat hard tra Parolisi e la sua amante, nonché le foto del cadavere di Melania. Il tutto con l’evidente obiettivo di non far cadere l’aggravante della crudeltà.

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