Mercato chiuso da metà giugno i grossisti chiedono un nuovo sito
La Asl ha costretto il Comune a fermare le attività di Campo Boario per ragioni igienico-sanitarie L’assessore Cozzi: i commercianti ortofrutticoli devono consorziarsi e trovare un’altra area
TERAMO. Due mesi e mezzo senza mercato ortofrutticolo chiuso a giugno, per ragioni igienico sanitarie, dopo un sopralluogo della Asl. Due mesi e mezzo senza lavoro per parte dei grossisti insediati a Campo Boario. Oggi, quei negozianti si trovano a fare i conti con la crisi e con grandi difficoltà logistiche. «Siamo rimasti senza lavoro», lamenta uno di loro, Diego Torelli, «e per me è molto difficile anche tornare in zona per spostare alcuni macchinari rimasti lì».
Non avendo alternative, al momento, il commerciante ha lasciato alcuni frigoriferi all'interno del mercato. «Accedere a quella zona è particolarmente difficile», continua. «Mi tocca sempre discutere con i vigili urbani. Per evitare questo, ho anche contattato il sindaco chiedendo e ottenendo un permesso di accesso. Ma ogni volta che arrivo sul posto questo permesso non mi viene riconosciuto dalla polizia locali ed è ogni volta una perdita di tempo». Ma, naturalmente, il problema per il signor Torelli e per i suoi colleghi, resta quello di avere una collocazione. Dopo il provvedimento di giugno c'è peraltro da ipotizzare che il mercato non sarà più riaperto: è troppo costoso per le casse comunali. Ma il sindaco ha comunque lanciato una proposta ai grossisti: create un consorzio e noi vi aiuteremo a trovare un area alternativa.
«L'istituto zooprofilattico non ha ancora sciolto le riserve legate alla proprietà del sito», spiega l'assessore al Commercio Mario Cozzi. «E prima di pensare a qualsiasi intervento bisogna fare i conti con questo. Ma in realtà, questo è un falso problema. L'amministrazione non ce la fa a farsi carico degli interventi di bonifica su una struttura dove peraltro sono rimasti cinque grossisti». Di qui la proposta dell’assessore: «Invece di fossilizzarsi su quest'area che ha raggiunto un alto livello di usura e degrado, è necessario che i grossisti arrivino a definire un consorzio e magari riescano ad appoggiarsi a un'area privata per costituire un sito alternativo. Non serve molto, basta un capannone, 5-6 punti dove raccogliere l'acqua e altrettanti lavandini. Oltre ai bagni, naturalmente».
Ma intanto, l’area di via De Albentiis resta in stato di abbandono. Quello che, fino a qualche mese fa, ha determinato le difficoltà igienico sanitarie che hanno portato sino a qui: bagni mai puliti e una montagna di cassette e rifiuti davanti al capannone hanno spinto la Asl ad avviare la procedura per far chiudere l’area. E adesso, i grossisti chiedono di poter continuare a fare il loro lavoro potendo contare su soluzioni logistiche congrue al loro impegno professionale.
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