Morte in cardiologia, 4 medici imputati
Il perito del pm: «Il paziente poteva salvarsi» La difesa: «Terapia corretta»
TERAMO. Battaglia tra periti nel processo ai quattro medici del reparto di cardiologia dell'ospedale Mazzini di Teramo - il primario Cosimo Napoletano, Paolo Desiati, Tito Di Camillo e Laura Piccioni - accusati dell'omicidio colposo di Miguel Angel Pulsoni, 33enne artigiano di Mosciano morto nel gennaio 2008 per un'embolia polmonare.
Davanti al giudice Domenico Canosa sono sfilati ieri sei docenti universitari. Il consulente dell'accusa, Cristian D'Ovidio, ha ribadito la tesi su cui si regge l'inchiesta del pm Stefano Giovagnoni: secondo lui Pulsoni si sarebbe potuto salvare se i medici, dopo il terzo giorno di ricovero, avessero monitorato meglio le sue condizioni con ulteriori esami ecografici. A suo avviso si sarebbero resi conto che il quadro clinico si stava aggravando e, invece di continuare la terapia con l'eparina, avrebbero effettuato la trombolisi, un trattamento terapeutico più forte.
Il consulente nominato dal gup Tommolini, ovvero Roberto Turinetto, ha sostenuto che non c'erano i presupposti per la trombolisi ma che si poteva ricorrere al filtro cavale. Di tutt'altro avviso i quattro consulenti del collegio difensivo, ovvero Mariano Cingolani, chiamato dall'avvocato Gianfranco Iadecola per Napoletano; Adriano Tagliabracci e Piergiorgio Fedeli, chiamati da Tommaso Navarra per Piccioni e Di Camillo; Giuseppe Lamonaca, chiamato da Gennaro Lettieri per Desiati. Tutti, in sintesi, hanno sostenuto come la terapia adottata al Mazzini per Pulsoni sia stata coerente con le linee-guida dei protocolli medici ed evidenziato come l'eco-cuore del 14 gennaio (terzo giorno di ricovero) non avesse evidenziato un aggravamento della tromboembolia a basso rischio per la quale era avvenuto il ricovero.
La morte è poi sopravvenuta il 20 gennaio per una recidiva massiva di quella tromboembolia, che non avrebbe lasciato ai medici il tempo di intervenire. Prossima udienza il 23 maggio. (d.v.)
Davanti al giudice Domenico Canosa sono sfilati ieri sei docenti universitari. Il consulente dell'accusa, Cristian D'Ovidio, ha ribadito la tesi su cui si regge l'inchiesta del pm Stefano Giovagnoni: secondo lui Pulsoni si sarebbe potuto salvare se i medici, dopo il terzo giorno di ricovero, avessero monitorato meglio le sue condizioni con ulteriori esami ecografici. A suo avviso si sarebbero resi conto che il quadro clinico si stava aggravando e, invece di continuare la terapia con l'eparina, avrebbero effettuato la trombolisi, un trattamento terapeutico più forte.
Il consulente nominato dal gup Tommolini, ovvero Roberto Turinetto, ha sostenuto che non c'erano i presupposti per la trombolisi ma che si poteva ricorrere al filtro cavale. Di tutt'altro avviso i quattro consulenti del collegio difensivo, ovvero Mariano Cingolani, chiamato dall'avvocato Gianfranco Iadecola per Napoletano; Adriano Tagliabracci e Piergiorgio Fedeli, chiamati da Tommaso Navarra per Piccioni e Di Camillo; Giuseppe Lamonaca, chiamato da Gennaro Lettieri per Desiati. Tutti, in sintesi, hanno sostenuto come la terapia adottata al Mazzini per Pulsoni sia stata coerente con le linee-guida dei protocolli medici ed evidenziato come l'eco-cuore del 14 gennaio (terzo giorno di ricovero) non avesse evidenziato un aggravamento della tromboembolia a basso rischio per la quale era avvenuto il ricovero.
La morte è poi sopravvenuta il 20 gennaio per una recidiva massiva di quella tromboembolia, che non avrebbe lasciato ai medici il tempo di intervenire. Prossima udienza il 23 maggio. (d.v.)
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