Muore carbonizzato nella casa-baracca
Isola del Gran Sasso: a 44 anni senza lavoro e soldi viene avvolto dalle fiamme del rogo causato da una stufetta
ISOLA DEL GRAN SASSO. Nell’abisso in cui era sprofondato, senza lavoro e senza soldi, cercava solo di scaldarsi. Una piccola stufa, di quelle ad olio, lasciata accesa vicino alla branda in un tugurio diventato casa: Franco Di Giosuè, 44 anni, è morto carbonizzato mentre cercava di scappare. Ucciso dall’indifferenza, prima ancora che dalle fiamme e dal fumo divampate in una gelida notte di gennaio da una vecchia stufetta. Perchè in paese lo conoscevano tutti, perchè lui si arrangiava come poteva per mettere insieme qualcosa che non gli bastava più nemmeno per sopravvivere nella vecchia casa di pietra senza bagno e con una sola lampadina.
Aveva lavorato in Val d’Aosta e a Bologna, aveva fatto il cameriere. Poi tutto era finito e lui era tornato a Forca di Valle dove, diceva, «almeno ho un tetto». Poco importa se le tegole cadevano a pezzi, se gli infissi erano finiti, se non aveva nemmeno la legna per il camino.
Lui era diventato invisibile, era riuscito a sparire. Ma non si può sparire in una casa di pietra. Ci si riesce solo se non c’è nessuno che ti cerca. E che, anche se ti trova, non ti vede. Si sa, sono tempi di crisi. E in tempi di crisi ognuno è preoccupato per se stesso. Al massimo per la propria famiglia. Accoglienza e solidarietà diventano parole vuote. Perchè la paura del contagio uccide la pietà. «Non parlava con nessuno, era un tipo solitario» raccontano in paese.
Da tempo non pagava più le bollette: in casa niente acqua e, secondo i vigili del fuoco, un bassissimo voltaggio della corrente elettrica che gli consentiva di poter contare solo su una lampadina. Particolare, questo, che ha subito fatto escludere l’ipotesi di un improvviso corto circuito come causa scatenante delle fiamme.
E la cronaca di una tragedia annunciata inizia proprio dalle fiamme e dal fumo che alle 7.30 di ieri qualcuno di Forca di Valle vede uscire dalla casa di Franco. L’allarme scatta subito e in poco tempo nella piccola frazione di Isola del Gran Sasso arrivano le squadre dei vigili del fuoco di Teramo. Quando sfondano la porta Franco è lì vicino: lo trovano rannicchiato, con le mani allungate in un ultimo disperato tentativo di uscire.
Tutt’intorno fuoco e fumo che ormai hanno divorato le poche suppellettili (qualche sedia e un tavolo) e fatto saltare le tegole del tetto. I pompieri trovano alcune bombole vuote e anche un bruciatore, di quelli che solitamente si usano pergrossi pentoloni: forse anche questo usato per riscaldarsi. I resti della stufetta confermano la ricostruzione dei vigili. Sul posto arriva l’ambulanza del 118, ma i medici non possono far altro che constatare la morte. Ai carabinieri il compito di mettere insieme i pezzi di una tragedia. Niente autopsia: il pm di turno Silvia Scamurra manda il medico legale Giuseppe Sciarra per una ricognizione. Franco Di Giosuè, 44 anni e nient’altro, è morto ustionato in una baracca in cui era diventato invisibile. Tutto il resto è solo rassegnazione, addolorate alzate di spalle, una stanca pietà che mai diventa solidarietà.
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