«Non vogliamo le trivelle in mare» Appello dei sindaci a Mattarella  

Nel mirino il progetto di estrazione di idrocarburi in Adriatico davanti alla costa nord teramana  Quattro comuni e la Provincia impugnano il decreto di Cingolani che ha dato il via libera all’Eni

TERAMO. È guerra contro le nuove trivelle che l’Eni vuole piazzare davanti alla costa a cavallo tra Marche e Abruzzo: quattro comuni della riviera teramana, insieme alla Provincia, si appellano al Capo dello Stato contro il decreto del ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, che a marzo, di concerto con il ministro della Cultura Dario Franceschini, ha espresso giudizio positivo di compatibilità ambientale per undici progetti di estrazione, tra cui quello che prevede la perforazione del pozzo “Donata 4 Dir” davanti alla costa di Martinsicuro e di San Benedetto del Tronto. Il progetto del 2017 prevede la perforazione in profondità a nord-ovest della piattaforma esistente “Emilio”, tramite un’altra piattaforma galleggiante e mobile ancorata sul fondo.
«Garantire e tutelare la sicurezza e la salute dei cittadini, nonché l’integrità del patrimonio ambientale e paesaggistico del territorio»: questo, come si legge nelle delibere approvate nei giorni scorsi dalle giunte municipali di Martinsicuro, di Alba Adriatica, di Tortoreto e di Pineto, oltre che dalla Provincia di Teramo, è l’obiettivo del ricorso, presentato al presidente della Repubblica perché sono già scaduti i termini per impugnarli davanti al Tar. I cinque enti si sono affidati all’avvocato Paolo Colasante del Foro di Roma, che si avvarrà del costituzionalista, docente all’Università di Teramo ed esperto del tema Enzo Di Salvatore.
Già durante lo svolgimento della pratica di valutazione ambientale erano state diverse sono state le osservazioni critiche, da parte di associazioni ambientaliste, ma anche da parte del Comune di Martinsicuro. L’ok del ministero della Transizione ecologica è motivato invece dalla lontananza del pozzo di estrazione degli idrocarburi dai siti di importanza comunitaria “Sic”, le zone di protezione speciale e di conservazione “Zps”, come quella della Torre del Cerrano, a 35 chilometri di distanza, e Fosso delle Farfalle, a 73 chilometri.
Le giunte dei sindaci Massimo Vagnoni, Antonietta Casciotti, Domenico Piccioni e Robert Verrocchio, oltre all’ente provinciale guidato dal presidente Diego Di Bonaventura, nelle delibere segnalano una lunga lista di rischi: «Possibilità di danni all'ecosistema marino; pericolo di subsidenza e scoppi; peggiore qualità del pescato dovuta al rilascio di sostanze tossiche; alto impatto ambientale, possibilità di incidenti con le petroliere; vicinanza di siti “Sic” e Zps” con possibili rischi di danneggiamenti alle coste e alle grotte; nessun vantaggio economico per le comunità locali a fronte del plausibile peggioramento delle qualità naturalistiche del territorio e della vocazione turistica costiera; vicinanza alla riva; analisi costi-benefici non favorevole; scarsa qualità del petrolio presente e stime di basse quantità; mancanza di una progettazione sulle attività riproduttive delle specie di interesse commerciale; assenza di una previsione sul monitoraggio dell'impatto delle attività sulla pesca, in particolare sulle specie demersali e pelagiche».
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