«Nuovi esami su depistaggio e telefonista»

L’omicidio di Melania Rea: la richiesta della difesa alla vigilia della Cassazione per Parolisi

TERAMO. «In un processo indiziario, altamente indiziario come in questo caso dicono anche i giudici, l’avvocato ha un dovere: non fermarsi mai». Nicodemo Gentile è uno dei legali di Salvatore Parolisi e a pochi mesi dalla Cassazione(fissata a febbraio) torna a chiedere di illuminare quelle che non esita a definire «le tante zone d’ombra della scena criminis». L’omicidio è quello di Melania Rea per cui il marito Salvatore in secondo grado è stato condannato a 30 anni. Perchè, sostiene Gentile che nei giorni scorsi insieme ai colleghi Valter Biscotti e Federica Benguardato è tornato a chiedere nuove indagini su un’impronta di scarpa lasciata sul chiosco del bosco di Ripe, servono nuovi accertamenti su alcuni aspetti. A cominciare dai segni lasciati sulle gambe della vittima che per l’accusa sono quelle del depistaggio tentato dall’ex caporal maggiore, ma per la difesa sono ben altro. «Il nostro consulente», dice Gentile, «ha elementi certi per stabilire che quelle tracce sono macchie lasciate dal contatto con qualcosa, forse il polsino insanguinato dell’indumento che indossava l’assassino. Ma tutti sappiamo che quel giorno Salvatore indossava una maglietta a maniche corte e che quindi sicuramente non può averle lasciate lui. Il nostro consulente ci dice che bisogna escludere che i segni siano stati lasciati dai denti metallici della cerniera del giacchino di Melania. E’ un punto che porteremo all’attenzione dei giudici della suprema corte. Perchè la Cassazione non è solo un sigillo. Da Garlasco a Perugia la Cassazione ha rimandato indietro vari casi per chiedere approfondimenti». E il legale torna anche sul telefonista, l’uomo che nel primo pomeriggio del 20 aprile del 2011 da una cabina di piazza San Francesco telefonò al 113 per denunciare la scoperta del corpo di Melania. Non è mai stato rintracciato. «Noi siamo sempre più convinti», continua Gentile, « che il telefonista sia la linea di confine tra la verità processuale e quella storica. La nostra consulenza fonica sulla sua voce ci dice che al persona che ha telefonato era emotivamente coinvolta, spaventata, qualcuno che aveva appena visto una scena sicuramente non abituale».(d.p.)

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