Omicidio Melania, due anni fa il massacro nel bosco di Ripe
Nel giorno dell’anniversario un convegno sulla violenza alle donne. E in carcere il marito Parolisi ora recita il rosario
TERAMO. Difficile riannodare il filo di una vita spezzata a quello sottilissimo di chi resta. Difficile, non impossibile. A due anni dal delitto diventato uno dei casi giudiziari italiani, la famiglia di Melania Rea vuole riuscirci con l’associazione creata per dire basta alla violenza sulle donne, per ricordare sempre il nome di una giovane mamma massacrata con 35 coltellate nel bosco di Ripe e trovata il 18 aprile di 24 mesi fa. Lo farà con un convegno organizzato per sabato e con una messa che sarà celebrata oggi: tutto a Somma Vesuviana, il paese di Melania , quello in cui vive la sua famiglia. Intanto, alla vigilia del processo d’appello, il caporal maggiore Salvatore Parolisi, il marito condannato in primo grado all’ergastolo, trascorre le sue giornate nel carcere di Castrogno tra lezioni di agraria e di inglese. Il sabato recita il rosario con gli altri detenuti. Si prepara d affrontare il secondo grado perchè, dicono i suoi legali, «non si arrende e sa che prima o poi la verità verrà fuori». Perchè lui, nell’unica volta che ha parlato di fronte ad un tribunale (il Riesame dell’Aquila) ha sempre detto di non aver ucciso la moglie, di averla vista sparire sul pianoro di Colle San Marco in cerca di un bagno. La verità processuale, almeno quella di primo grado, ha invece stabilito che l’omicida è lui. Intanto a maggio si terrà la nuova udienza davanti al giudice per le esecuzioni del tribunale di Nola per pignorare i soldi di Parolisi, quelli che non si trovano più. Il provvedimento a cui si fa riferimento è quello della provvisionale di un milione di euro a favore della figlia di Melania e del caporal maggiore, dopo la condanna all’ergastolo. La prima parte di quei soldi doveva arrivare dai 137mila euro depositati sul conto di Parolisi, ma quei denari non ci sono più. Sul conto, così come ha fatto sapere la banca in una precedente udienza, ci sono solo 11mila euro. Per sapere dove sono finiti i soldi l’avvocato Mauro Gionni, legale della famiglia Rea, ha presentato un esposto alla procura teramana. Che cosa è successo? Chi li ha prelevati? Qualcuno della famiglia del caporal maggiore che aveva una delega? Domande per cui l’avvocato della famiglia Rea Mauro Gionni ha invocato risposte convinto che quei soldi siano stati spostati dopo la condanna di Parolisi. Ricordando, tra l’altro, che subito dopo la sentenza aveva presentato una richiesta di sequestro del conto su cui erano depositati i soldi delle missioni all’estero fatte da Parolisi e delle obbligazioni. Una richiesta respinta all’epoca perchè, secondo il giudice, non c’erano i presupposti per accogliere questa richiesta. Sulla sparizione dei soldi la famiglia Rea ha presentato una denuncia aper capire dove siano finiti, per chiarire l’ennesimo mistero di un caso che resta uno dei più dibattuti della cronaca giudiziaria.(d.p.)
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