Parolisi, inchiesta bis sui 137 mila euro spariti
Mistero sui risparmi del marito di Melania destinati alla figlioletta, indaga il procuratore di Napoli
TERAMO. A venti giorni dal processo d’Appello, c’è un’altra inchiesta che irrompe nell’omicidio di Melania Rea: è quella che la procura di Napoli ha aperto sui 137mila euro spariti dal conto di Salvatore Parolisi, l’ex caporal maggiore dell’esercito accusato di aver massacrato la moglie con 35 coltellate e per questo condannato in primo grado all’ergastolo. Il fascicolo numero 17278/13 «per mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice» riaccende i riflettori, in realtà mai spenti, su uno dei casi giudiziari più seguiti degli ultimi anni, rimbalzato dalle pagine delle cronache nazionali ai salotti televisivi. I prossimi giorni serviranno a capire se ci siano indagati e, soprattutto, chi siano. L’inchiesta dei pm partenopei nasce dalla denuncia presentata qualche mese fa per conto dei Rea dall’avvocato Mauro Gionni (inoltrata alla procura di Teramo e per competenza territoriale trasmessa a quella di Napoli) in cui si fa riferimento al mancato pagamento della provvisionale di un milione di euro a favore della figlia di Melania e Parolisi (così come stabilito nella sentenza di primo grado).La prima parte di quei soldi doveva arrivare da quei 137mila euro depositati sul conto di Parolisi, ma quei denari non ci sono più. La scoperta del conto svuotato è stata fatta durante l’udienza per il sequestro cautelativo dei beni dell’ex caporal maggiore al tribunale di Nola.
In quell’occasione la banca di Frattamaggiore, dove erano depositati i soldi, ha fatto sapere che su quel conto sono rimasti circa 11mila euro. Che cosa è successo? Chi li ha prelevati? Qualcuno della famiglia del caporal maggiore che aveva una delega per poter agire? Domande per cui Gionni ha invocato risposte convinto che quei soldi siano stati sposati dopo la condanna. Ricordando, tra l’altro, che subito dopo la sentenza aveva presentato una richiesta di sequestro di quel conto su cui erano depositati i soldi delle missioni all’estero fatte da Parolisi e di alcune obbligazioni. Intanto il 25 settembre, undici mesi dopo il processo di primo grado, Parolisi siederà davanti ai giudici della Corte d’Appello.
I suoi difensori si dicono pronti a demolire quello che definiscono un castello di congetture fantasiose, mentre lui, l’ex addestratore di soldatesse nella caserma di Ascoli, invoca una udienza a porte aperte «perchè non ho nulla da nascondere».
Per questo qualche mese fa ha scritto alla Corte. Che non ha ancora deciso.
©RIPRODUZIONE RISERVATA