Parolisi: la figlia non deve subire shock

La patria potestà sospesa, i giudici d'Appello la spiegano con tre frasi chiave

TERAMO.Otto righe. Tanto bastano ai giudici della Corte d'Appello di Napoli per mettere nero su bianco che Salvatore Parolisi non deve vedere la figlia in carcere perchè potrebbe essere un trauma. «Non è opportuno», scrivono i magistrati che hanno sospeso la potestà genitoriale al caporal maggiore, «che una bimba di due anni sia costretta a far visita al padre nell'ambiente carcerario». Per i giudici «in ogni caso (sia di assoluzione che di condanna) la piccola dovrà necessariamente ricollegare quelle visite alla condizione del padre imputato dell'omicidio della madre».

Un provvedimento, quello della Corte d'Appello, che ribalta e spazza via quello del tribunale dei minori che a dicembre aveva mantenuto la patria potestà all'uomo accusato di aver ucciso la moglie Melania Rea con 35 coltellate perchè, scrissero allora i magistrati, «Parolisi è un indagato in custodia cautelare». Oggi Parolisi è un imputato in un processo indiziario. Ma questa condizione per i giudici d'Appello, che hanno accolto il ricorso della procura minorile, non ha influito sulla decisione di sospendere la potestà genitoriale.

Nelle dieci pagine del provvedimento citano la convenzione di New York per definire le norme della tutela dei minori e insistono su un concetto: quello della violenza assistita. Un indizio (tale è nel processo penale in corso con un rito abbreviato) su cui si fonda il ricorso della procura secondo cui «l'omicidio della madre presumibilmente è avvenuto alla presenza della minore».

E a questo proposito i giudici d'Appello scrivono: «Anche se sembra emergere dagli atti del processo penale che l'omicidio della madre sia stato consumato dal padre quando la figlia era con entrambi i genitori, non può dirsi con certezza che la medesima minore abbia assistito al delitto e però, essendo inevitabile che, prima o poi, la minore venga a conoscenza dei fatti, sicuro sarà il pregiudizio della stessa quando dovrà elaborare la figura paterna come responsabile della perdita violenta di quella materna. L'omicidio della madre sostanzia la forma assoluta di violenza contro la stessa ed è, quindi, nella natura del delitto, commesso in ipotesi dal padre, che si sostanzia il maltrattamento della figlia, privata della madre senza, cioè, che il coniuge padre si sia minimamente preoccupato delle sorti della figlia».

Solo all'esito del processo, dunque, Parolisi potrà sapere se continuare ad essere un padre. Per ora ogni contatto con la figlia resta limitato a due telefonate a settimana. Così come sono modificati gli incontri con i nonni paterni: la piccola li potrà vedere una volta a settimana e non potrà dormire a casa loro.

La difesa del caporal maggiore ha annunciato ricorso perchè, sostiene l'avvocato Federica Benguardato, «è una decisione ingiusta, fortemente punitiva, non solo nei confronti di Salvatore che deve essere ancora giudicato in un procedimento che lo stesso giudice ha definito indiziario. Ma è punitivo anche nei confronti della famiglia di Salvatore nonchè della bambina. E' stata emessa sulla base di un ricorso di poche righe fatto dalla procura, senza alcuna attività d'indagine, senza alcuna attività istruttoria».

Il 30 maggio, intanto, Parolisi tornerà nuovamente davanti al giudice Marina Tommolini per la terza udienza del rito abbreviato. Saranno sentiti i tre macedoni che il giorno della scomparsa della donna lavoravano in un cantiere di Colle San Marco e la cui prova del Dna ha già escluso una loro presenza nel bosco di Ripe.

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