Parolisi ricorre per riavere la figlia
La difesa va in Cassazione e lancia l'accusa: i giudici lo hanno già condannato
TERAMO. Salvatore Parolisi si rivolge ai giudici della Suprema Corte per riavere la figlioletta e lo fa con un ricorso urgente che trae linfa dai diritti sanciti dalla Costituzione. Il caso giudiziario dell'anno torna in Cassazione per la seconda volta in cinque mesi. «Perchè», dice Nicodemo Gentile, uno dei suoi avvocati, «a Parolisi hanno sospeso la potestà genitoriale come se fosse già stato condannato, ma oggi è solo un imputato in attesa di giudizio».
I legali del caporal maggiore - unico imputato dell'omicidio della moglie Melania Rea - invocano l'articolo 111 della Carta costituzionale per chiedere ai giudici della Suprema Corte di ribadire «che il processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo e imparziale». Alla Cassazione chiedono la revoca del provvedimento con cui la Corte d'Appello di Napoli, accogliendo il ricorso della procura minorile, ha stabilito la sospensione della potestà genitoriale fino alla conclusione del processo in corso con un rito abbreviato. Solo all'esito Parolisi potrà sapere se continuare ad essere il padre di una bambina che non vede da luglio.
«Noi rispettiamo il provvedimento di giudici napoletani perchè le sentenze si rispettano», dice ancora Nicodemo Gentile, legale di Parolisi insieme a Valter Biscotti e Federica Benguardato, «ma ci lascia davvero l'amaro in bocca e ci rattrista profondamente. Ci sembra che la corte si sia sostituita al giudice dell'accertamento penale anticipando una sentenza di condanna nei confronti di Parolisi che oggi è solo un imputato in attesa di giudizio in un processo che è indiziario. Siamo amareggiati perchè quest'uomo, unico in caso in Italia, non può vedere la figlia in carcere. Una possibilità che oggi gli viene impedita con una motivazione che riteniamo superficiale visto che un giudice tutelare ha provveduto a nominare un esperto per definire al meglio le modalità di questi incontri. Ci sono persone che sono state condannate e che, prima e dopo, hanno sempre visto i figli e ci sono detenuti che vedono i figli in carcere. E' un provvedimento che riteniamo ingiusto anche per la famiglia di Parolisi».
Secondo i giudici della sezione famiglia e minori della Corte d'Appello Napoli la piccola in carcere potrebbe subire altri shock «perchè», scrivono, «dovrà necessariamente ricollegare quelle visite alla condizione del padre imputato dell'omicidio della madre». Insistono su un concetto: quello della violenza assistita. Un indizio (tale è nel processo penale in corso) su sui si fonda il ricorso della procura minorile secondo cui «l'omicidio della madre presumibilmente è avvenuto alla presenza della minore».
I legali del caporal maggiore - unico imputato dell'omicidio della moglie Melania Rea - invocano l'articolo 111 della Carta costituzionale per chiedere ai giudici della Suprema Corte di ribadire «che il processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo e imparziale». Alla Cassazione chiedono la revoca del provvedimento con cui la Corte d'Appello di Napoli, accogliendo il ricorso della procura minorile, ha stabilito la sospensione della potestà genitoriale fino alla conclusione del processo in corso con un rito abbreviato. Solo all'esito Parolisi potrà sapere se continuare ad essere il padre di una bambina che non vede da luglio.
«Noi rispettiamo il provvedimento di giudici napoletani perchè le sentenze si rispettano», dice ancora Nicodemo Gentile, legale di Parolisi insieme a Valter Biscotti e Federica Benguardato, «ma ci lascia davvero l'amaro in bocca e ci rattrista profondamente. Ci sembra che la corte si sia sostituita al giudice dell'accertamento penale anticipando una sentenza di condanna nei confronti di Parolisi che oggi è solo un imputato in attesa di giudizio in un processo che è indiziario. Siamo amareggiati perchè quest'uomo, unico in caso in Italia, non può vedere la figlia in carcere. Una possibilità che oggi gli viene impedita con una motivazione che riteniamo superficiale visto che un giudice tutelare ha provveduto a nominare un esperto per definire al meglio le modalità di questi incontri. Ci sono persone che sono state condannate e che, prima e dopo, hanno sempre visto i figli e ci sono detenuti che vedono i figli in carcere. E' un provvedimento che riteniamo ingiusto anche per la famiglia di Parolisi».
Secondo i giudici della sezione famiglia e minori della Corte d'Appello Napoli la piccola in carcere potrebbe subire altri shock «perchè», scrivono, «dovrà necessariamente ricollegare quelle visite alla condizione del padre imputato dell'omicidio della madre». Insistono su un concetto: quello della violenza assistita. Un indizio (tale è nel processo penale in corso) su sui si fonda il ricorso della procura minorile secondo cui «l'omicidio della madre presumibilmente è avvenuto alla presenza della minore».
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