Permesso edilizio negato, sono buddisti
Il Comune non rilascia la licenza nonostante un accordo di programma, la Provincia nomina un commissario ad acta
CASTELLI. Una battaglia su una concessione edilizia si tinge con sinistre sfumature di intolleranza religiosa. Accade a Castelli: a Villa Rossi, frazione sulle falde del Gran Sasso qualche anno fa si è insediata una piccola comunità che segue l’insegnamento del maestro zen vietnamita Thich Nhat Hanh, già candidato al premio Nobel per la pace. La comunità buddista ha costituito la fondazione Avalokita e ha acquistato un terreno agricolo nella frazione di Castelli, sottoscrivendo un accordo di programma con la precedente amministrazione comunale.
L’accordo ha comportato una variante al Prg, con cui l’area è diventata edificabile, per attività culturali. Oltre alla ristrutturazione di due edifici rurali esistenti l’accordo di programma prevede due fasi: una prima in cui si possono costruire nuovi edifici per un massimo di circa 400 metri quadri e una seconda in cui costruire una sala di meditazione per uso collettivo, aperta a tutti. A questa seconda fase è legato un pagamento al Comune di circa 80mila euro come contropartita.
Qualche mese fa il centro Avalokita (composto da due famiglie) ha chiesto il permesso a costruire per avviare la prima fase, cioè la costruzione di due villette. Ma il Comune ha negato il rilascio, dicendo che ritiene la relativa variante al piano regolatore illegittima.
Fin qui si tratterebbe dell’inizio di una spiacevole battaglia legale, come ce ne sono tante, basata su diverse vedute in tema di urbanistica. Se non ci fosse una comunicazione firmata dal sindaco Enzo De Rosa (e protocollata al n° 3078), il quale scrive che le costruzioni si inseriscono «in un progetto sociale e religioso collegato alla spiritualità buddista, completamente estraneo alla cultura, alle radici e agli abitanti del Comune di Castelli. Aver vincolato una area storicamente agricola e sentita dalla comunità come un bene collettivo (facente parte del paesaggio, del verde e dell'ambiente montano di Castelli) ad esigenze personali di una comunità ristretta (quella buddista), che non ha alcun legame storico con il territorio, non appare coerente con i principi di questa amministrazione, che vuole tutelare in via prioritaria l'interesse pubblico destinando possibilmente l'utilizzo delle risorse alla popolazione in loco». Come a dire: il progetto non lo condividiamo soprattutto perchè presentato da buddisti. Tutto questo avveniva a fine agosto. Dopo la diffida di Avalokita e il reiterato rifiuto del Comune, la Provincia ha nominato un commissario ad acta che si è sostituito al Comune e a dicembre ha concesso il permesso a costruire.
Ma non è finita. Il sindaco ora annuncia battaglia. «La precedente amministrazione ha dato un vantaggio a privati, facendo diventare l’area fabbricabile», dichiara De Rosa, « procederemo alla revoca della variante e presenteremo un esposto alla Corte dei conti. Io chiedevo la contropartita economica subito, non ha senso accettare che costruiscano e posticipare il pagamento alla seconda fase: se questa non verrà mai messa in atto, il Comune non riceverà niente». Fin qui il problema viene trattato dal punto di vista amministrativo. Ma poi De Rosa sbotta: «E poi vengono a comandare in un paese non loro. Io rispetto tutte le religioni, ma quella cristiana è la prima. Non danno fastidio, ma sono arroganti quando vogliono far valere certi privilegi».
«Non ero a conoscenza della lettera del sindaco», commenta Concezio Di Flavio, ex sindaco e ora consigliere d’opposizione, «i contenuti mi indignano: non appartiene a Castelli la discriminazione. Qui vive anche una comunità evangelica, che al pari dell’Avalokita è bene inserita. Ritengo che si sia tentato un sopruso a danno di chi ha deciso di venire a vivere a Castelli di questi tempi, di investire risorse morali ed economiche, di inserirsi senza disturbare in un contesto sociale».
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