Racket dei clandestini, 14 arresti
L’organizzazione faceva pagare i visti per lavoro da 6 a 10mila euro.
TERAMO. Un impiego fittizio, un datore di lavoro fantasma. Ma soldi veri, nella speranza di entrare e restare in Italia. Il racket dei clandestini imponeva fino a diecimila euro per un visto a pakistani e bengalesi pronti a tutto per racimolare quei soldi e inseguire un sogno. Per nove mesi gli uomini della squadra mobile di Teramo hanno spiato le loro mosse, fino a quando non hanno messo insieme i pezzi di un complesso puzzle, smantellando una organizzazione internazionale che trafficava in visti per lavoro stagionale, riscuotendo da 6 a 10mila euro per ciascuno di essi. Fino a ieri 14 le persone arrestate su 17 destinatarie di altrettante ordinanze di custodia cautelare (firmate dal gip Marco Billi) per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Ci sono stranieri, pakistani e bengalesi, pronti a contattare i loro connazionali all’estero, intermediari teramani, chietini e ascolani, un consulente del lavoro di Sant’Egidio e 5 imprenditori, soprattutto agricoli, pronti a presentare richieste di manodopera straniera per le loro imprese ma solo per accapparrarsi parte dei soldi pagati dagli estracomunitari.
Una volta che questi arrivavavo in Italia con il visto, infatti, il lavoro non c’era più e quindi diventavano clandestini a tutti gli effetti. Un rischio che molti avevano anche messo in conto, visto che l’importante è arrivare in Europa e l’Italia è una buona porta d’ingresso. L’indagine, coordinata dal pm David Mancini che da anni si occupa di tratta e immigrazione clandestina, dimostra anche come questo sistema, scoperto già in tante altre parte d’Italia, sia ormai uno dei più gettonati e sicuri per far arrivare clandestini in Italia senza ricorrere ai barconi. E’ stato il questore di Teramo, Amalia Di Ruocco - con il capo della squadra mobile, Gennaro Capasso - a illustrare i dettagli dell’operazione scattata la scorsa notte a Teramo, Chieti, Macerata e Ancona.
L’INDAGINE. L’indagine è stata avviata lo scorso mese di ottobre, con la denuncia di un cittadino tunisino che dopo aver sborsato 10.000 euro per comprare un visto di ingresso in Italia, una volta nel nostro Paese è stato messo alla porta dall’azienda in cui gli era stato detto che avrebbe trovato lavoro. L’uomo si é rivolto alla polizia e ha denunciato. Dal suo racconto è iniziata una lunga e complessa indagine fatta di intercettazioni e pedinamenti. In questi mesi la squadra mobile teramana é riuscita a individuare almeno un centinaio di richieste di visto presentate nei centri unici di prenotazione delle prefetture di Teramo, Ancona, Macerata, Chieti o delle Province di Ascoli Piceno e Pesaro, molte delle quali respinte all’origine, che facevano registrare le stesse modalità di raggiro. L’organizzazione studiava i flussi migratori stabiliti ogni anno e poi indirizzava le pratiche nei canali più disponibili, si trattasse indifferentemente di lavoro stagionale, subordinato o autonomo. Di fatto gli extracomunitari pagavano somme salate per ritrovarsi clandestini poco dopo l’arrivo in Italia.
LE LOCALITA’. L’organizzazione gravitava soprattutto in Val Vibrata visto che il consulente del lavoro Roberto Avigdor è di Sant’Egidio. Intono a lui, che comunque per gli investigatori non era il capo, si muovevano extracomunitari ormai da tempo residenti in zona e pronti a contattare connazionali decisi a tutto pur di venire in Italia. Anche a vendere casa per trovare i soldi necessari con cui pagare gli sfruttatori.
Una volta che questi arrivavavo in Italia con il visto, infatti, il lavoro non c’era più e quindi diventavano clandestini a tutti gli effetti. Un rischio che molti avevano anche messo in conto, visto che l’importante è arrivare in Europa e l’Italia è una buona porta d’ingresso. L’indagine, coordinata dal pm David Mancini che da anni si occupa di tratta e immigrazione clandestina, dimostra anche come questo sistema, scoperto già in tante altre parte d’Italia, sia ormai uno dei più gettonati e sicuri per far arrivare clandestini in Italia senza ricorrere ai barconi. E’ stato il questore di Teramo, Amalia Di Ruocco - con il capo della squadra mobile, Gennaro Capasso - a illustrare i dettagli dell’operazione scattata la scorsa notte a Teramo, Chieti, Macerata e Ancona.
L’INDAGINE. L’indagine è stata avviata lo scorso mese di ottobre, con la denuncia di un cittadino tunisino che dopo aver sborsato 10.000 euro per comprare un visto di ingresso in Italia, una volta nel nostro Paese è stato messo alla porta dall’azienda in cui gli era stato detto che avrebbe trovato lavoro. L’uomo si é rivolto alla polizia e ha denunciato. Dal suo racconto è iniziata una lunga e complessa indagine fatta di intercettazioni e pedinamenti. In questi mesi la squadra mobile teramana é riuscita a individuare almeno un centinaio di richieste di visto presentate nei centri unici di prenotazione delle prefetture di Teramo, Ancona, Macerata, Chieti o delle Province di Ascoli Piceno e Pesaro, molte delle quali respinte all’origine, che facevano registrare le stesse modalità di raggiro. L’organizzazione studiava i flussi migratori stabiliti ogni anno e poi indirizzava le pratiche nei canali più disponibili, si trattasse indifferentemente di lavoro stagionale, subordinato o autonomo. Di fatto gli extracomunitari pagavano somme salate per ritrovarsi clandestini poco dopo l’arrivo in Italia.
LE LOCALITA’. L’organizzazione gravitava soprattutto in Val Vibrata visto che il consulente del lavoro Roberto Avigdor è di Sant’Egidio. Intono a lui, che comunque per gli investigatori non era il capo, si muovevano extracomunitari ormai da tempo residenti in zona e pronti a contattare connazionali decisi a tutto pur di venire in Italia. Anche a vendere casa per trovare i soldi necessari con cui pagare gli sfruttatori.