Recupero del teatro romano Mezzo milione per gli espropri
Il Comune impegna la somma che servirà per acquisire i resti di palazzo Adamoli e casa Salvoni I due immobili saranno demoliti per allestire un’arena da 600 posti destinata agli spettacoli
TERAMO. Mezzo milione di euro per gli espropri necessari al recupero del teatro romano. Con una determina firmata dal dirigente dell’area tecnica Remo Bernardi il Comune ha impegnato la somma, ammontante per la precisione a 496.500 euro, che servirà ad acquisire il moncone di palazzo Adamoli e casa Salvoni. Come da progetto approvato poco più di un anno fa in consiglio, a cui è seguita la deliberazione di metà dicembre sull’adozione della variante al piano regolatore e la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, i due immobili andranno demoliti per riportare alla luce la cavea bassa del teatro di epoca imperiale.
Sarà compiuto così il passo decisivo verso la “rifunzionalizzazione” del sito archeologico: in pratica il suo riutilizzo come arena per spettacoli da 600 posti. Esproprio e abbattimento dei due edifici sono il fulcro dell’intervento che ha visto gli albori quasi vent’anni fa, con i primi atti risultati però non decisivi. Soprattutto all’acquisizione di palazzo Adamoli è stata al centro di un’intricata vicenda partita dal tentativo di riqualificazione e vendita dell’immobile bloccato dalla soprintendenza, con mancato esercizio del diritto di prelazione sull’acquisto da parte dell’allora amministrazione comunale. Ad acquisire l’immobile fu la Regione, tramite l’intervento dell’allora assessore Bruno Sabatini, che ne avviò lo smontaggio. L’operazione però fu lasciata e metà: di palazzo Adamoli rimase una specie di contrafforte appoggiato a casa Salvoni e così è tutt’ora. Il via libera all’esproprio, previo accordo con i proprietari da indennizzare, tra i quali ovviamente non figura la Regione, che aveva acquistato palazzo Adamoli al solo scopo di farlo demolire, chiude il cerchio intorno a una questione cruciale per il recupero del teatro romano. La liberazione della cavea bassa consentirà i sondaggi archeologici propedeutici alla realizzazione dei lavori finalizzati al riutilizzo dell’area. L’urgenza della procedura di esproprio è detta anche dai tempi della progettazione definitiva, con l’ormai imminente scadenza del termine indicato dal Comune all’architetto palermitano Girolamo Bellomo per la riconsegna dell’elaborato corretto secondo le prescrizioni dettate dalla Soprintendenza.
Nella determina il dirigente richiama anche la necessità d’impegnare i fondi destinati all’opera. Gli espropri saranno pagati in parte tramite il contributo stanziato nel 2017 dal ministero per i Beni culturali che, insieme a Fondazione Tercas, Regione e Comune, si era a suo tempo impegnato a sostenere economicamente l’intervento. C'è, inoltre, motivo d'urgenza legato alla sicurezza. I due edifici sono stati lesionati dai terremoti degli ultimi dieci anni e la loro demolizione scongiurerà rischi di crollo.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Sarà compiuto così il passo decisivo verso la “rifunzionalizzazione” del sito archeologico: in pratica il suo riutilizzo come arena per spettacoli da 600 posti. Esproprio e abbattimento dei due edifici sono il fulcro dell’intervento che ha visto gli albori quasi vent’anni fa, con i primi atti risultati però non decisivi. Soprattutto all’acquisizione di palazzo Adamoli è stata al centro di un’intricata vicenda partita dal tentativo di riqualificazione e vendita dell’immobile bloccato dalla soprintendenza, con mancato esercizio del diritto di prelazione sull’acquisto da parte dell’allora amministrazione comunale. Ad acquisire l’immobile fu la Regione, tramite l’intervento dell’allora assessore Bruno Sabatini, che ne avviò lo smontaggio. L’operazione però fu lasciata e metà: di palazzo Adamoli rimase una specie di contrafforte appoggiato a casa Salvoni e così è tutt’ora. Il via libera all’esproprio, previo accordo con i proprietari da indennizzare, tra i quali ovviamente non figura la Regione, che aveva acquistato palazzo Adamoli al solo scopo di farlo demolire, chiude il cerchio intorno a una questione cruciale per il recupero del teatro romano. La liberazione della cavea bassa consentirà i sondaggi archeologici propedeutici alla realizzazione dei lavori finalizzati al riutilizzo dell’area. L’urgenza della procedura di esproprio è detta anche dai tempi della progettazione definitiva, con l’ormai imminente scadenza del termine indicato dal Comune all’architetto palermitano Girolamo Bellomo per la riconsegna dell’elaborato corretto secondo le prescrizioni dettate dalla Soprintendenza.
Nella determina il dirigente richiama anche la necessità d’impegnare i fondi destinati all’opera. Gli espropri saranno pagati in parte tramite il contributo stanziato nel 2017 dal ministero per i Beni culturali che, insieme a Fondazione Tercas, Regione e Comune, si era a suo tempo impegnato a sostenere economicamente l’intervento. C'è, inoltre, motivo d'urgenza legato alla sicurezza. I due edifici sono stati lesionati dai terremoti degli ultimi dieci anni e la loro demolizione scongiurerà rischi di crollo.
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