PESCARA
Rigopiano, Muriana: "Chiedo scusa ai parenti delle vittime"
Lettera ai familiari delle 29 persone morte nel resort dopo l'iscrizione, tra gli indagati, di 4 carabinieri. Ma papà Feniello non crede alle parole dell'ex capo della mobile
PESCARA. «Voglio innanzitutto chiedere scusa come uomo delle istituzioni per le disgustose ed assurde vicende che voi, familiari delle vittime di Rigopiano, siete da tempo costretti a vivere, in preda ad un comprensibile e crescente sgomento». È quanto si legge nella lettera che l'ex capo della Mobile di Pescara Pierfrancesco Muriana ha inviato a metà dicembre al Comitato Vittime di Rigopiano, dopo gli sviluppi successivi alla sua denuncia che ha portato all'iscrizione sul registro degli indagati di quattro carabinieri, tra i quali il tenente colonnello Massimiliano Di Pietro, all'epoca al comando del nucleo investigativo dei carabinieri di Pescara con il grado di maggiore. Ufficiale di alto grado che si aggiunge ai nomi del tenente colonnello dei carabinieri forestali, Annamaria Angelozzi; al sottufficiale Carmen Marinacci e all'appuntato Michele Brunozzi.
La denuncia di Muriana riguarda la gestione delle telefonate di eventuale allarme dato alla prefettura del cameriere Gabriele D'Angelo, morto con altre 28 persone nel resort distrutto dalla valanga il 18 gennaio 2017. Muriana nella lettera spiega che l'esposto è stato «frutto di un preliminare incontro con il procuratore capo di Pescara, Massimiliano Serpi, magistrato integerrimo e capace, al quale ho esposto i delicati elementi di prova da me raccolti ricevendo poi precise indicazioni sul da farsi». Il tutto perché, «in attesa da quasi tre anni di giustizia, ma soprattutto di verità, state invece assistendo a quella che, ai vostri occhi e di quelli di tutta la comunità, appare come una lotta invereconda. Una lotta tra pezzi dello Stato che, anziché profondere energie nella ricerca dei veri motivi per i quali, anche in occasione del prossimo Natale, non vi sarà consentito di abbracciare i vostri cari come un tempo usavate, sembrano impegnati a infangarsi a vicenda e a rimpallarsi responsabilità, se non addirittura a nascondere parti di verità», prosegue Muriana. «Desidero inoltre aggiungere che in quello scritto non ho relazionato "contro", non essendo io lo strumento di nessuno, ma solo "a favore". A favore della verità che sembra tardare ad arrivare, ma che dovrà obbligatoriamente essere tributata alla memoria dei vostri ventinove cari che, solo così, potranno finalmente riposare in pace», prosegue nel suo scritto l'ex capo della mobile.
Del comitato Vittime non fa parte papà Feniello e Muriana chiede che venga estesa anche a lui, «che oggi mi addita come persona animata da loschi intenti e in combutta con non meglio precisati personaggi. La sua è la comprensibile rabbia di un padre che ha perso un figlio in circostanze tragiche, al quale qualcuno sta probabilmente propalando una narrazione distorta dei fatti. Se ciò sta avvenendo per un cinico calcolo», chiosa Muriana, «quel qualcuno sarà chiamato a risponderne davanti alla giustizia di Dio e a quella degli uomini».
Ma papà Feniello ha risposto, a breve giro di posta: «Si parla di scuse e in molti siti vedo titoli che parlano delle scuse di Muriana ai parenti delle vittime», ribatte Alessio Feniello, «Io non vedo scuse, ma chiacchiere. Mi sembra una persona che dopo quasi tre anni ha capito che forse le cose si mettono male anche per lui e allora cerca di nascondersi mettendosi dalla parte delle vittime. Io non ci casco, caro signor Muriana, io non le credo».