Rom scarcerati, parte il ricorso
La procura insiste: è omicidio volontario. E impugna il decreto del gip
ALBA ADRIATICA. La procura della Repubblica di Teramo impugnerà il provvedimento con cui il gip Marina Tommolini, venerdì, ha rimesso in libertà Elvis e Danilo Levakovic, i cugini rom di Alba che erano in carcere dal novembre scorso per l'omicidio di Emanuele Fadani.
Da parte del procuratore capo Ferretti e del pm D'Avolio potrebbe esserci un ricorso per Cassazione, oppure al tribunale del riesame. Questo non è stato ancora deciso. Di sicuro c'è che la pubblica accusa insiste sulla tesi dell'omicidio volontario e intende arrivare all'udienza preliminare - dove un altro giudice deciderà se mandare a processo gli indagati, e con quali imputazioni - senza che la propria tesi risulti indebolita dal decreto del gip. Il quale, in sostanza, ha dato una diversa configurazione all'ipotesi di reato: per Marina Tommolini si tratta di un omicidio preterintenzionale, non volontario. Dunque, i termini della custodia cautelare (sei mesi) sono scaduti.
Un'autentica cannonata all'impianto accusatorio. Prima che il gip decidesse in questo senso, la procura aveva dato parere negativo alla scarcerazione e subito dopo aveva spedito al giudice Tommolini una nota nella quale: 1) ribadisce il convincimento che la corretta configurazione del reato è quella contestata; 2) fa notare che le misure cautelari chieste subito dopo il reato sono state disposte dallo stesso gip con l'accusa di omicidio volontario, dunque i termini di custodia cautelare sono da ritenere non decorsi; 3) peraltro, se fosse valida l'ipotesi difensiva, i termini sarebbero già scaduti a maggio e il gip avrebbe dovuto rilevarlo d'ufficio. Nella nota, inoltre, i pm contestano la tesi difensiva che è alla base dell'istanza di scarcerazione presentata al gip, e cioè che l'impostazione dell'inchiesta sia frutto di una «esasperazione accusatoria dettata dal clamore della vicenda».
Secondo i pm, invece, essa è «strettamente legata al dato fattuale consistito nella particolare violenza del colpo inferto e della parte del corpo attinta, il che cagionava, in maniera diretta e non mediata, quelle conseguenze lesive e letali. È da tali elementi di fatto che va dedotto l'elemento psicologico del reato». Insomma: per la procura l'unico pugno inferto da Elvis Levakovic a Fadani in quella tragica notte basta e avanza per parlare di omicidio volontario, per la difesa (e ora anche per il gip) assolutamente no. Il processo si giocherà su questo. Intanto, sarà battaglia sulla scarcerazione degli indagati.
Da parte del procuratore capo Ferretti e del pm D'Avolio potrebbe esserci un ricorso per Cassazione, oppure al tribunale del riesame. Questo non è stato ancora deciso. Di sicuro c'è che la pubblica accusa insiste sulla tesi dell'omicidio volontario e intende arrivare all'udienza preliminare - dove un altro giudice deciderà se mandare a processo gli indagati, e con quali imputazioni - senza che la propria tesi risulti indebolita dal decreto del gip. Il quale, in sostanza, ha dato una diversa configurazione all'ipotesi di reato: per Marina Tommolini si tratta di un omicidio preterintenzionale, non volontario. Dunque, i termini della custodia cautelare (sei mesi) sono scaduti.
Un'autentica cannonata all'impianto accusatorio. Prima che il gip decidesse in questo senso, la procura aveva dato parere negativo alla scarcerazione e subito dopo aveva spedito al giudice Tommolini una nota nella quale: 1) ribadisce il convincimento che la corretta configurazione del reato è quella contestata; 2) fa notare che le misure cautelari chieste subito dopo il reato sono state disposte dallo stesso gip con l'accusa di omicidio volontario, dunque i termini di custodia cautelare sono da ritenere non decorsi; 3) peraltro, se fosse valida l'ipotesi difensiva, i termini sarebbero già scaduti a maggio e il gip avrebbe dovuto rilevarlo d'ufficio. Nella nota, inoltre, i pm contestano la tesi difensiva che è alla base dell'istanza di scarcerazione presentata al gip, e cioè che l'impostazione dell'inchiesta sia frutto di una «esasperazione accusatoria dettata dal clamore della vicenda».
Secondo i pm, invece, essa è «strettamente legata al dato fattuale consistito nella particolare violenza del colpo inferto e della parte del corpo attinta, il che cagionava, in maniera diretta e non mediata, quelle conseguenze lesive e letali. È da tali elementi di fatto che va dedotto l'elemento psicologico del reato». Insomma: per la procura l'unico pugno inferto da Elvis Levakovic a Fadani in quella tragica notte basta e avanza per parlare di omicidio volontario, per la difesa (e ora anche per il gip) assolutamente no. Il processo si giocherà su questo. Intanto, sarà battaglia sulla scarcerazione degli indagati.
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