Roseto, un pino secco si schianta e travolge i tavoli di un bar

Per fortuna non c’era seduto nessuno e il marciapiede era deserto I cittadini protestano: «Molti alberi sono a rischio crollo, c’è poca manutenzione»

ROSETO. Uno schianto secco subito seguito da un rumore fragoroso. È la sequenza del crollo del grosso pino che ha distrutto, sabato intorno alle 20,30, alcuni tavoli della gelateria Magrini situati sul marciapiede che costeggia viale Roma, la principale parallela del lungomare centrale.

Solo per un caso nessuno era seduto sulle sedie travolte dal grosso albero, né c’erano persone a passeggiare sul marciapiede, altrimenti si sarebbe consumata una tragedia. «Ero seduto su una panchina, non lontano dal luogo del crollo», racconta un ex imprenditore rosetano «quando all’improvviso ho sentito un rumore fortissimo che mi ha fatto quasi sobbalzare, poi ho visto quell’albero schiantarsi a terra travolgendo tavoli e sedie della gelateria. In un primo momento ho temuto che ci fosse rimasto qualcuno sotto quel groviglio di tronchi spezzati e pezzi di plastica, ma per fortuna nessuno si è fatto male». «Non si può contare sempre sulla fortuna», interviene Giovanni Proti, ex amministratore rosetano, «è necessario evitare che episodi del genere (sempre più frequenti a Roseto) possano ripetersi perché potrebbero provocare gravi danni alle persone. E’ necessario un controllo costante da parte degli addetti municipali, provvedendo alla manutenzione degli alberi più a rischio, potando le chiome appesantite da rami e fogliame ed estirpando le piante ormai morte come quella caduta davanti alla gelateria».

Il pino crollato era infatti secco da tempo, erano in molti ad averlo notato. «Quella pianta aveva assunto quasi sembianze umane» dice un altro rosetano, «tanto che lo avevamo battezzato ‘yuppy-du’, come il film di Celentano, perché sembrava proprio il disegno che stava sul cartellone». «La stessa proprietaria della gelateria” riferisce un anziano «mi ha detto di aver denunciato in più di un’occasione che quell’albero rappresentava un pericolo, ma evidentemente nessuno l’ha ascoltata».

Federico Centola

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