TERAMO

Scampata alle coltellate dell’ex: «Non siamo sole, denunciate» 

Giusy Montecchia per mesi è finita tra la vita e la morte dopo essere stata colpita da 14 fendenti. Oggi in Cassazione si discute il ricorso dell’aggressore condannato a sette anni per tentato omicidio

TERAMO. Le storie di cronaca sono spazi difficili da vivere perché quello che prima era diventa altro. Nei giorni infiniti di femminicidi senza tregua, di Codici rossi, leggi più severe e giornate contro la violenza a scandire numeri drammaticamente in salita, ci vuole sempre una faccia, una storia per capire il dopo. Quelle poche volte che la cronaca può raccontarlo.
Giusy Montecchia 40 anni, colpita con 14 coltellate nel febbraio del 2019 sul lungomare di Tortoreto dall’uomo che non voleva lasciarla, rimasta per mesi tra la vita e la morte in una stanza del reparto di rianimazione, sa che niente sarà più come prima. Perché ci vuole tanto coraggio per continuare a muoversi dentro una tragedia rovesciando una potenziale invettiva in un messaggio di aiuto alle altre. E lei lo fa, con forza e determinazione. «Alle donne dico di denunciare, di avere forza perché non si è mai sole» dice questa donna che ha imparato sulla propria pelle che queste tragedie non possono mai essere questioni private.

«Ogni volta che c’è un anniversario, che si celebra la giornata contro la violenza sulle donne», continua, «è come se vivessi su di me le storie delle altre donne, come se sentissi tutto il male delle altre. E per questo a tutte loro dico di non arrendersi mai e di parlare perché comunque vadano le cose non si resta mai sole. Di non tralasciare nessuna percezione, anche piccola. Ecco in questi anni io non mi sono mai sentita sola. Ho avuto una rete di sostegni e di aiuti rivelatisi fondamentali per tornare a sperare in quel futuro in cui oggi credo».

E Giusy sa che oggi può riprendersi la vita con il suo sorriso e la sua forza. Quelli che, nonostante tutto, nessuno potrà mai toglierle. Nemmeno quelle 14 coltellate sferrate una mattina di febbraio del 2019 da chi diceva di amarla e di non poter vivere senza di lei. «Non mi sarei mai aspettata che potesse accadermi una cosa del genere, che lui potesse fare una cosa come questa. Era una persona incapace di uccidere anche una formica. Mai lo avrei immaginato con un coltello in mano» aggiunge a testimoniare con forza che in questa Italia in cui ogni tre giorni una donna viene ammazzata è capitato a lei, può capitare a tutte.

E se nella vita le coincidenze hanno un peso allora c’è da dire che mai come in questo caso contano. Perché proprio oggi, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, in Cassazione si discute il ricorso presentato da Fabiano Cistola, il 38enne operaio di Corropoli, che quella mattina di tre anni fa cercò di uccidere Giusy . A gennaio i giudici di secondo grado (collegio presieduto da Gabriella Tascone, a latere Alessandra Grilli) al termine di una lunga camera di consiglio hanno ridotto la pena da dieci a sette dopo che il sostituto procuratore generale Carlo Paolella aveva chiesto la conferma della condanna di primo grado arrivata al termine di un rito abbreviato svolto davanti al gup Roberto Veneziano.

L’imputato è difeso dagli avvocati Gennaro Lettieri e Claudio Iaconi, la parte offesa che si è costituita parte civile è assistita dall’avvocato Florindo Tribotti.
Cistola, secondo lo psichiatra forense Stefano Ferracuti incaricato dalla Corte d’appello di fare una nuova perizia e che lo ha più volte incontrato nella comunità protetta dove l’uomo si trova agli arresti domiciliari, è stato ritenuto capace di intendere e di volere, anche al momento dei fatti. La nuova perizia era stata disposta dalla Corte d’appello in accoglimento della richiesta fatta dai difensori.
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