Scontri black bloc a Roma Negati i permessi di lavoro agli ultrà teramani arrestati
In quattro chiedono di poter andare al lavoro, il gip di Roma dice no
TERAMO. Niente lavoro per gli ultrà teramani che da aprile sono agli arresti domiciliari per gli scontri politici avvenuti ad ottobre a Roma. Il gip della capitale ha respinto la richiesta fatta dai legali per consentire a quattro dei loro assistiti di recarsi sul posto di lavoro. L'istanza era stata presentata per Davide Rosci, leader del gruppo Azione Antifascista e ultrà del Teramo, e per i tre giovani di Mosciano: Mirco Tomassetti, Marco Moscardelli e Christian Quatraccioni. Per quest'ultimi il loro legale Nello Di Sabatino ha fatto ricorso al Tribunale del Riesame.
Filippo Torretta, difensore di Rosci e di Mauro Gentile, l'altro teramano arrestato, così commenta il no del gip: «il provvedimento risponde ad un atteggiamento vessatorio ed ingiustificato. Mettere la gente in condizione di poter perdere il posto di lavoro è gravissimo. Il provvedimento è stato giustificato con il fatto che non sono state trovate situazioni di indigenza. Appena i ragazzi diventeranno indigenti aspettermo che qualcuno li aiuti a trovare un posto di lavoro».
I cinque teramani, che nel corso dell'interrogatorio di garanzia fatto a Teramo per rogatoria si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, sono entrati nell'infornata dei provvedimenti cautelari e perquisizioni che ad aprile ha coinvolto 13 persone in tutta Italia. A quattro dei teramani viene contestato di aver partecipato ad uno degli episodi più gravi della giornata degli scontri del 15 ottobre, ovvero l'assalto al blindato dei carabinieri in piazza San Giovanni. Per loro accuse di resistenza pluriaggravata, devastazione e saccheggio: accuse che, se confermate in un eventuale processo, causerebbero condanne a oltre 15 anni.
Un'accusa a cui potrebbe aggiungersi anche quella di tentato omicidio. Nell'ordinanza, infatti, il gip di Amoroso, descrivendo l'assalto al blindato, sottolinea come ad un certo punto esso si sia trasformato in aggressione fisica al carabiniere che lo guidava. Il militare è stato prima colpito da dietro con un palo e poi costretto ad abbandonare il mezzo dato alle fiamme e a darsi alla fuga sotto una fitta sassaiola, riportando diverse lesioni.
In questo contesto sarebbero stati identificati Rosci, Gentile, Moscardelli, Tomassetti e Quatraccioni. Anche se travisati, sarebbero stati incastrati dai vestiti che indossavano. Gli stessi vestiti filmati dalle forze dell'ordine di Teramo, che quel giorno hanno immortalato la partenza del pullman diretto alla "Giornata dell'indignazione". Rosci, Moscardelli e Tomassetti sono fotografati mentre si accalcano intorno al blindato; Gentile è ripreso mentre scaglia diversi sassi contro il carabiniere che abbandona il blindato e fugge. Il secondo capo d'imputazione, il più grave, viene addebitato a tutti i 22 giovani: è devastazione e saccheggio: un reato punito con la reclusione da 8 a 15 anni.
Filippo Torretta, difensore di Rosci e di Mauro Gentile, l'altro teramano arrestato, così commenta il no del gip: «il provvedimento risponde ad un atteggiamento vessatorio ed ingiustificato. Mettere la gente in condizione di poter perdere il posto di lavoro è gravissimo. Il provvedimento è stato giustificato con il fatto che non sono state trovate situazioni di indigenza. Appena i ragazzi diventeranno indigenti aspettermo che qualcuno li aiuti a trovare un posto di lavoro».
I cinque teramani, che nel corso dell'interrogatorio di garanzia fatto a Teramo per rogatoria si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, sono entrati nell'infornata dei provvedimenti cautelari e perquisizioni che ad aprile ha coinvolto 13 persone in tutta Italia. A quattro dei teramani viene contestato di aver partecipato ad uno degli episodi più gravi della giornata degli scontri del 15 ottobre, ovvero l'assalto al blindato dei carabinieri in piazza San Giovanni. Per loro accuse di resistenza pluriaggravata, devastazione e saccheggio: accuse che, se confermate in un eventuale processo, causerebbero condanne a oltre 15 anni.
Un'accusa a cui potrebbe aggiungersi anche quella di tentato omicidio. Nell'ordinanza, infatti, il gip di Amoroso, descrivendo l'assalto al blindato, sottolinea come ad un certo punto esso si sia trasformato in aggressione fisica al carabiniere che lo guidava. Il militare è stato prima colpito da dietro con un palo e poi costretto ad abbandonare il mezzo dato alle fiamme e a darsi alla fuga sotto una fitta sassaiola, riportando diverse lesioni.
In questo contesto sarebbero stati identificati Rosci, Gentile, Moscardelli, Tomassetti e Quatraccioni. Anche se travisati, sarebbero stati incastrati dai vestiti che indossavano. Gli stessi vestiti filmati dalle forze dell'ordine di Teramo, che quel giorno hanno immortalato la partenza del pullman diretto alla "Giornata dell'indignazione". Rosci, Moscardelli e Tomassetti sono fotografati mentre si accalcano intorno al blindato; Gentile è ripreso mentre scaglia diversi sassi contro il carabiniere che abbandona il blindato e fugge. Il secondo capo d'imputazione, il più grave, viene addebitato a tutti i 22 giovani: è devastazione e saccheggio: un reato punito con la reclusione da 8 a 15 anni.
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