Teramo, assolto Amadori: non inquinò i terreni con l'olio

L’imprenditore e altri quindici accusati a Teramo di abbandono incontrollato di rifiuti negli allevamenti avicoli

TERAMO. Era finito a processo con l'accusa di abbandono incontrollato di rifiuti insieme ad altre 15 persone. L'imprenditore Francesco Amadori, patron di uno dei più grossi gruppi alimentari italiani, è stato assolto insieme al figlio Flavio, e ai nipoti Gianluca, Andrea, Denis e Loretta. Tutti e 16 sono stati assolti dal giudice monocratico Domenico Canosa: per alcuni capi per intervenuta prescrizione e per altri perchè il fatto non sussiste. L'ipotesi di reato contestata era l'abbandono incontrollato dei rifiuti pericolosi, cioè la violazione dell'articolo 256 del testo unico ambientale, il cosiddetto codice dell'ambiente. L'inchiesta venne aperta nel 2008 dal sostituto procuratore Stefano Giovagnoni e riguardava lo smaltimento di 56 caldaie ad olio fino a qualche anno fa usate in vari allevamenti avicoli del gruppo.

Secondo la procura questi impianti, una volta dismessi, sarebbero stati in parte affidati ad una società autorizzata allo smaltimento di rifiuti, ma non di rifiuti pericolosi, e in parte interrati in terreni che si trovano vicino agli allevamenti avicoli con un notevole sversamento di olio nel sottosuolo. Secondo la procura questi manufatti erano stati interrati vicino agli stabilimenti di Villa Lempa, Atri, Cellino, ma anche a Chieti, Vasto, Ascoli e Pescara. Per mesi gli agenti del corpo forestale dello Stato hanno ispezionato i terreni circostanti i vari allevamenti alla ricerca di pezzi di caldaie dismesse ed interrate, ricostruendo l'iter seguito per lo smaltimento di questi impianti. In alcuni casi ci sono stati anche dei sequestri di siti, che non hanno riguardato gli allevamenti avicoli, non interessati dall'inchiesta giudiziaria. Dopo l'indagine il gruppo ha avviato un piano di bonifica. (d.p.)

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