Teramo, disabile dalla nascita per un errore medico: la famiglia pignora la Regione
Chiodi dice sì al pagamento con lo sconto ma gli uffici stoppano tutto: la famiglia blocca due milioni e 700mila euro. La causa dura da 20 anni
TERAMO. Ci avevano messo la faccia addirittura il presidente Gianni Chiodi e il segretario generale Enrico Mazzarelli. A metà dicembre, grazie al loro intervento, pareva cosa fatta l’accordo transattivo in base al quale la Regione Abruzzo avrebbe pagato due milioni e 200mila euro alla famiglia teramana che a causa di un errore medico avvenuto oltre vent’anni fa all’ospedale Mazzini, e riconosciuto dalla magistratura in due gradi di giudizio, si trova a dover accudire una figlia disabile, e che per questo aveva ottenuto un risarcimento di due milioni e 672mila euro. Pareva. E invece no: la trattativa si è arenata per la conflittualità tra un ufficio e l’altro della Regione e il legale della famiglia, l’avvocato Gianni Gebbia, si è visto costretto a procedere con il pignoramento.
«La Regione promette ma non mantiene», dice Gebbia. «Nonostante le rassicurazioni autorevoli giunte dai vertici regionali, per inesplicabili intoppi burocratici, dovuti alla incomprensione tra uffici, non è stato possibile portare a compimento la transazione richiesta dalla stessa Regione, che avrebbe consentito una riduzione dei costi a carico dell'ente pubblico di circa 320.000 euro». Durante le trattative, i dirigenti dell’ufficio legale della Regione avevano offerto la propria disponibilità ad un pagamento rapido a condizione che la somma dovuta fosse ridotta a 2.200.000 euro e fosse spalmata in due rate: una di 1.800.000 entro il 31 gennaio 2013 e l'altra di 400.000 entro il 31 dicembre.
«I familiari, pur di concludere questo annoso calvario», continua Gebbia, «avevano deciso di accettare la riduzione ma, inspiegabilmente, a causa di incomprensioni tra l'ufficio legale e la dirigenza del settore sanità, la trattativa non si è potuta concludere. Ciò costituisce una vera e propria beffa per i familiari della giovane disabile, soprattutto dopo le pubbliche rassicurazioni di autorevoli esponenti della Regione Abruzzo. Quello che maggiormente sconforta», continua l’avvocato, «è la dimostrazione di totale inefficienza dell'apparato burocratico della Regione che, per cavilli interni, ha determinato il fallimento di una vantaggiosa transazione, con cospicua riduzione dei costi, che resteranno tutti a carico del contribuente. Sorprende anche la sostanziale incomunicabilità tra gli amministratori e i burocrati regionali, atteso che questi ultimi hanno, sostanzialmente, ignorato la più volte manifestata intenzione del presidente Chiodi e del dirigente Mazzarelli di giungere in tempi rapidi ad una transazione, con indubbio risparmio di spesa». L’accordo verbale sarebbe stato esecutivo a condizione che la transazione fosse sottoscritta il 20 dicembre. «Nessuna transazione è stata deliberata a tutt'oggi, nè la Regione ha comunicato alcunchè ai familiari! Indifferibile è stata la revoca ulteriore di ogni disponibilità transattiva e il susseguente pignoramento», conclude Gebbia.
Il legale rende nota anche una lettera aperta scritta proprio ieri del padre della disabile. In questa si legge: «E' mio dovere ringraziare il presidente Gianni Chiodi e Enrico Mazzarelli per il fattivo contributo dato alla vicenda. Ma nonostante la mia famiglia abbia rinunciato ad una somma di circa 320.000 euro, e il loro impegno, ad oggi non c'è stata ancora confermata l'approvazione dell'accordo. A questo punto mi sento in dovere di chiedere alla Regione che si dia termine a questa vicenda, che torno a dire si protrae da circa 19 anni, e per chi non lo sapesse o non si rendesse conto, ha dei costi enormi, sia in termini economici, sia emotivi, e che non trova conforto alcuno. In provincia di Teramo non esistono strutture, se non quelle di valorosi volontari, che possano supportare i genitori di bambini affetti da patologie conseguenti errori medici, per cui il nostro travaglio è quotidiano, e non è stato alleviato neanche dalla comprensione della Regione, solo per contrasti ed incomprensioni tra uffici burocratici. Di chi la responsabilità di tutto ciò?».
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