Teramo, niente ossigeno nell'ambulanzaBambino resta invalido, la Asl a processo
Il caso nel 2004. Secondo l'accusa il bimbo è rimasto paralizzato per colpa di un'ambulanza: l'erogatore dell'ossigeno non funzionava. Parte il processo: la famiglia chiede due milioni di euro di danni
TERAMO. L'ossigeno dell'ambulanza non funziona e il bimbo resta tetraplegico: si è aperto davanti al giudice del tribunale civile Gampiero Fiore il processo contro la Asl. I genitori del piccolo, che oggi ha cinque anni, chiedono due milioni di euro di risarcimento. I familiari, che chiedono il riconoscimento del danno biologico e patrimoniale, accusano i medici di diagnosi e soccorsi tardivi. Per far valere i loro diritti e dare voce a quelli del loro figlio si sono rivolti al tribunale civile a cui, tramite il loro avvocato Claudio Iaconi, hanno chiesto un accertamento tecnico preventivo. Che è stato già concesso. Il tribunale ha nominato un consulente, un esperto neonatologo dell'ospedale Bambin Gesù di Roma, che nella sua perizia ha riconosciuto al piccolo una invalidità permanente del 100% conseguenza propria di quei mancati soccorsi che lo avrebbero reso tetraplegico. In apertura di procedimento il giudice ha chiesto alle parti di presentare delle memorie.
LA STORIA. Il caso inizia nel 2004, quando all'ospedale di Giulianova nasce il piccolo. Nell'allora reparto di ostetricia e ginecologia (oggi è chiuso), il bambino, primo figlio di una giovane coppia di teramani, arriva dopo una gravidanza regolare. Il bambino e la madre vengono dimessi e tutto sembra procedere per il meglio, almeno per i primi quindici giorni di vita. Dopo due settimane, però, il piccolo torna in ospedale: fa fatica a respirare e ha una infezione diffusa. Viene ricoverato e nel corso della giornata gli vengono fatti degli esami ematochimici e una terapia antibiotica. Le sue condizioni peggiorano e in serata i medici lo trasferiscono d'urgenza nel reparto di neonatologia di Pescara.
NIENTE OSSIGENO. Il trasferimento avviene con un' ambulanza dell'ospedale sprovvista di incubatrice di trasporto. Il piccolo viaggia tra le braccia della madre. Quando le sue condizioni si aggravano per una improvvisa crisi respiratoria il medico a bordo cerca di usare l ossigeno ma si accorge che l' erogatore non funziona. L' ambulanza arriva all'ospedale pescarese in tempo record, ma le condizioni del piccolo sono gravissime: è cianotico, presenta uno shock settico gravissimo, non respira e si muove con molta difficoltà. I medici pescaresi lo salvano, ma il piccolo riporta danni cerebrali gravissimi e per i genitori inizia un calvario.
LA DENUNCIA. I familiari consultano decine di medici, ma la diagnosi è sempre la stessa: i danni cerebrali ci sono e le conseguenze di quel drammatico trasporto si faranno sentire per sempre. Decidono di rivolgersi alla Asl per chiedere il risarcimento danni, ma l'azienda sanitaria non risponde. Così decidono di scegliere la causa civile. Ai giudici del tribunale chiedono un accertamento tecnico preventivo, così come previsto dall articolo 696 del codice di procedura civile. La relazione del consulente non sembra lasciare spazio a dubbi: secondo l'esperto nominato dal tribunale al piccolo va riconosciuta una invalidità del 100%.
LA STORIA. Il caso inizia nel 2004, quando all'ospedale di Giulianova nasce il piccolo. Nell'allora reparto di ostetricia e ginecologia (oggi è chiuso), il bambino, primo figlio di una giovane coppia di teramani, arriva dopo una gravidanza regolare. Il bambino e la madre vengono dimessi e tutto sembra procedere per il meglio, almeno per i primi quindici giorni di vita. Dopo due settimane, però, il piccolo torna in ospedale: fa fatica a respirare e ha una infezione diffusa. Viene ricoverato e nel corso della giornata gli vengono fatti degli esami ematochimici e una terapia antibiotica. Le sue condizioni peggiorano e in serata i medici lo trasferiscono d'urgenza nel reparto di neonatologia di Pescara.
NIENTE OSSIGENO. Il trasferimento avviene con un' ambulanza dell'ospedale sprovvista di incubatrice di trasporto. Il piccolo viaggia tra le braccia della madre. Quando le sue condizioni si aggravano per una improvvisa crisi respiratoria il medico a bordo cerca di usare l ossigeno ma si accorge che l' erogatore non funziona. L' ambulanza arriva all'ospedale pescarese in tempo record, ma le condizioni del piccolo sono gravissime: è cianotico, presenta uno shock settico gravissimo, non respira e si muove con molta difficoltà. I medici pescaresi lo salvano, ma il piccolo riporta danni cerebrali gravissimi e per i genitori inizia un calvario.
LA DENUNCIA. I familiari consultano decine di medici, ma la diagnosi è sempre la stessa: i danni cerebrali ci sono e le conseguenze di quel drammatico trasporto si faranno sentire per sempre. Decidono di rivolgersi alla Asl per chiedere il risarcimento danni, ma l'azienda sanitaria non risponde. Così decidono di scegliere la causa civile. Ai giudici del tribunale chiedono un accertamento tecnico preventivo, così come previsto dall articolo 696 del codice di procedura civile. La relazione del consulente non sembra lasciare spazio a dubbi: secondo l'esperto nominato dal tribunale al piccolo va riconosciuta una invalidità del 100%.
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