Teramo, no della Creval al salvataggio della Tercas
Da Sondrio, il cda del Credito Valtellinese fa sapere che "non sussistono i presupposti per avviare trattative finalizzate all’integrazione" con la banca Teramana
TERAMO. Il consiglio di amministrazione del Credito Valtellinese ha «ritenuto che non sussistono i presupposti per avviare trattative finalizzate all’integrazione con Tercas», la Cassa di risparmio della provincia di Teramo. Lo si legge in una nota che arriva dopo giorni di trattative andate evidentemente a vuoto. Il Credito Valtellinese vuole la direzione generale della Tercas. In cambio la banca del potente presidente ex Ior, Giovanni De Censi è disposta a versare non più di 25 milioni di euro, una quota pari all’attuale partecipazione dell’8 per cento dei lombardi nell’istituto di corso San Giorgio commissariato da Bankitalia e da salvare con una ricapitalizzazione di 300 milioni di euro. Insomma, il massimo risultato con il minimo sforzo. Ma le Fondazioni abruzzesi non ci stanno. La governance spetta a una di loro. La partita è chiara così come l’evoluzione del Risiko bancario che si sta consumando sull’asse Teramo-Pescara-L’Aquila-Sondrio con fermata obbligatoria a Chieti.
PRESSING SU CARICHIETI. Tre Fondazioni su quattro, infatti, si unirebbero in un patto di sindacato con a capo Pescarabruzzo, di Nicola Mattoscio, che investirebbe la cifra maggiore di 100 milioni di euro e punta alla direzione, cui si aggiungono i 60 milioni della Fondazione Tercas ed i sei degli aquilani di Carispaq. E sarebbero quindi disposte ad andare avanti anche senza l’aiuto della banca valtellinese che però godrebbe ancora dell’appoggio di Bankitalia. Ma alla rinuncia della partecipazione del Creval farebbe da contraltare l’ingresso nel patto della Fondazione Carichieti, finora riottosa a farlo anche se voci parlano di una serrata trattativa in corso che potrebbe avere risultati positivi, in tempi molto brevi, grazie a un intervento importante e forte esercitato dal vertice della Regione.
IL CREVAL RINUNCIA Il nodo al centro della partecipazione di Creval all’operazione di salvataggio della Tercas, è sempre stata la gestione del controllo della banca teramana. E la conflittualità cresciuta negli ultimi giorni tra le tre Fondazioni e la banca di Sondrio potrebbe aver portato oggi alla decisione di dismissione dell’impegno in Tercas che, in realtà, non avrebbe nulla di clamoroso. Purchè, sull’altro fronte, si registri l’ingresso nel patto della Fondazione Carichieti. L’alternativa sarebbe nefasta anche se ora nessuno vuole neppure immaginare una liquidazione coatta della banca più importante d’Abruzzo.
NUZZO DA VISCO. In questa ottica negli ultimi giorni sono accaduti altri due fatti. Il primo, giovedì della scorsa settimana, ha visto Mario Nuzzo, presidente della Fondazione Tercas, in missione a Roma, in via Nazionale, nella sede centrale della Banca D’Italia, quindi nel quartier generale del governatore Ignazio Visco che avrebbe accettato l’ipotesi di una ricapitalizzazione anche parziale di 230 milioni a fronte dei 300 richiesti.
Il secondo fatto è di ieri: la Fondazione Tercas ha cambiato volto, in modo non cruento, nominando il nuovo Cda senza ricorrere alla vecchia logica della lottizzazione. E’ una pax proiettata al futuro della governance Tercas.
FONDAZIONE: NUOVO CDA. La partita si è giocata su due campi, quello del centrodestra tancrediano e gattiano, e l’altro del centrosinistra. E’ finita pari. Il Consiglio di indirizzo ha infatti confermato Nuzzo “bloccandolo” per tre anni alla presidenza. I consiglieri sono Alessandro D'Ilario, assicuratore di Roseto, Marino Iommarini, medico di Atri, Raffaele Marinucci, avvocato di Nereto e Vincenzo De Nardis, avvocato di Teramo ritenuto vicino al sindaco Maurizio Brucchi e che diventa vicepresidente. Ma solo D'Ilario è un volto nuovo; gli altri tre sono ex componenti del Consiglio di indirizzo e dovranno essere presto sostituiti nei posti lasciati vacanti. E’ cambiato anche il collegio dei revisori, ora presieduto dal teramano Filippo Serafini, con Nicola Di Sante e Maria Gabriella Franceschini, commercialisti di Atri e di Nereto. In una nota, il Consiglio di indirizzo esprime apprezzamento per il lavoro svolto dai componenti uscenti: la vicepresidente Enrica Salvatore, Filippo Benucci, Gildo Di Febbo e Lucio Lattanzi, nonchè ai revisori dei conti Elio Di Domenico (presidente), Claudio Del Moro e Andrea Lucchese. Le loro scadenze erano naturali.
Ed è solo una singolare coincidenza che le nomine siano state decise ad appena 24 ore dal verdetto Creval. Così dicono negli ambienti bancari che contano. Sarà vero?
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