Teramo, Parolisi si diploma: prende 74 agli esami
Dalla condanna all’ergastolo alla maturità in carcere grazie all’istituto Di Poppa: il marito di Melania tenta il riscatto
TERAMO. Salvatore Parolisi si è diplomato con settantaquattro centesimi: l’ex caporal maggiore, condannato per l’omicidio della moglie Melania Rea e rinchiuso a Castrogno, dopo l’ergastolo che gli ha inflitto a ottobre del 2012 la Corte d’Assise di Teramo, ha sostenuto e superato gli esami nella casa circondariale di Teramo. In attesa del processo d'appello, che lo vedrà tornare davanti ai giudici il prossimo 25 settembre all’Aquila, è riuscito grazie al progetto di “scuola nel carcere” messo in piedi dall'istituto superiore Di Poppa Rozzi, in collaborazione con la direzione della casa circondariale, a ottenere la qualifica di operatore agroalimentare, insiemead altri dodici detenuti, tutti assegnati alla prima sezione, quella soggetta a maggiori restrizioni. «Salvatore è stato un bravo studente», ha raccontato la dirigente scolastica Silvia Manetta. «Agli esami si è distinto nella prova scritta d'italiano ed ha ottenuto voti rilevanti nell'orale di italiano e storia». Altri otto reclusi hanno invece superato gli esami diplomandosi come operatori dei servizi di ristorazione; l'istituto Di Poppa Rozzi infatti presenta il doppio indirizzo: agrario e alberghiero.
LA SCUOLA NEL CARCERE. «I detenuti chiedono scuola», continua la Manetta. «E la formazione in carcere è una strada molto valida per restituire loro dignità e recuperarli alla vita civile. Durante l'anno scolastico abbiamo notato come abbiano acquisito una progressiva serenità. Era evidente anche a livello fisiognomico, i loro tratti induriti si sono a mano a mano distesi». Durante l'estate la scuola avvierà un nuovo progetto, per tre giorni a settimana verranno proposte lezioni di inglese, giochi matematici, scrittura creativa, astronomia e cinema con docenti volontari.
IL PARERE DELL'ESPERTA. «Il progetto della scuola nel carcere risponde alle esigenze della nostra Costituzione», dice Maria Gabriella Esposito, docente di filosofia del diritto e di teoria generale del diritto alla facoltà di giurisprudenza dell'Università di Teramo. Le parole della professoressa, con quarant'anni di esperienza alle spalle, si rivelano una lezione di introduzione al diritto. Esposito esprime contrarietà verso i processi mediatici, come quello che ha accompagnato la vicenda Parolisi. «Soprattutto nella fase degli atti preliminari e dell'acquisizione delle prove, le notizie non dovrebbero trapelare», sostiene. «I processi mediatici istigano all'odio e alla ricerca immediata di un colpevole, di un capro espiatorio» e cita come esempio la scena della folla assiepata fuori dal Tribunale di Teramo che alla notizia della condanna di Parolisi,- in primo grado sottolinea -, è esplosa in un applauso fragoroso.
La docente cita infine l'articolo 27 comma 3 della Costituzione Italiana: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato», e commenta: «Non c'è simmetria tra la colpa commessa e la pena espiata, quest'ultima è sempre punitiva, perché privazione di libertà e affetti. Per questo sono convinta della validità dell'iniziativa della scuola in carcere. La cultura fa miracoli: ha il potere di rendere la pena emenda una conversione». E Melania Rea? Per lei nessun riferimento. Oggi è il giorno di Salvatore Parolisi che, da condannato all’ergastolo, per quelle 35 pugnale che – secondo il processo di primo grado – avrebbe inferto alla moglie il 18 aprile del 2011 nel bosco di Ripe di Civitella, tenta la via della riabilitazione anche se, per ora, la sua condanna è la più pesante di tutte: la morte civile.
Emanuela Michini
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