il caso
Teramo, scappa dal Venezuela con la figlia per sfuggire alle botte: arrestata
Donna finisce in carcere in esecuzione di un mandato di cattura internazionale, ma dopo la denuncia dell’ex convivente accusato di maltrattamenti, i giudici la rimettono in libertà
TERAMO. E’ una storia difficile, come tutte quelle che coinvolgono i minori, anche al netto del diritto internazionale che complica parecchio. Il caso è quello di una cittadina italo-venezuelana fuggita con la figlia di 11 anni in una località della costa teramana dopo aver accusato il convivente di maltrattamenti e finita in carcere in esecuzione di un mandato di cattura internazionale.
In Venezuela, infatti, il suo ex convivente l’ha denunciata sostenendo che sarebbe rientrata in Italia sulla base di un documento falso presentato per ottenere il rilascio del passaporto alla minore. Dopo un giorno e mezzo trascorso a Castrogno la donna è stata scarcerata perchè i giudici della Corte d’appello dell’Aquila hanno revocato la misura. «Il pronunciamento dei giudici aquilani», spiega l’avvocato Monica Passamonti, il legale che assiste la donna, «ha chiuso la fase della misura cautelare, ma rimane in piedi la richiesta di estradizione con un provvedimento emesso dal governo venezuelano. Per questo nelle prossime ore presenteremo sia alla Corte d’appello sia al ministero di giustizia una istanza di archiviazione della richiesta di estradizione ai sensi dell’articolo 4 del trattato internazionale italo-venezuelano che risale al 1931 e che non permette l’estradizione dei cittadini italiani».
La donna è rientrata nel Teramano un anno fa, dopo una vita trascorsa in Venezuela dove i suoi genitori sono emigrati quando lei non era ancora nata. E’ tornata in Italia, vicino ai suoi parenti, al termine della convivenza con il padre della figlia e dopo averlo denunciato per maltrattamenti sia nei suoi confronti sia nei confronti della minore. In questi 12 mesi non ha mai saputo nulla dell’esistenza di un eventuale procedimento a suo carico in Venezuela. Fino a mercoledì quando i carabinieri le hanno notificato il mandato di cattura. E’ rimasta in carcere fino a venerdì quando c’è stato l’interrogatorio davanti ai giudici della Corte d’appello dell’Aquila competente per i mandati di arresto internazionali (collegio presieduto da Aldo Manfredi). «Non si capisce se il provvedimento che ha dato origine al mandato sia stato emesso sulla base di una sentenza», spiega ancora l’avvocato Passamonti, «perchè l’articolo 125 del codice di procedura penale venezuelano stabilisce che non è consentito il processo in contumacia. L’imputato dove essere informato e presente. Ma in questo arco di tempo alla mia assistita non è mai stato notificato nulla».