Teramo, sindaci e deputati uniti per salvare la Provincia

In città il vertice per dire no all’accorpamento con L’Aquila o Pescara. Brucchi convoca i politici di destra e sinistra, tutti aderiscono all’invito

TERAMO. Province da chiudere, Teramo rischia di rimanere con il cerino in mano. Potrebbe cioè essere l’unica accorpata, forse a Pescara. L’Aquila o Pescara che sia, il sindaco di Teramo Maurizio Brucchi ha deciso di chiamare a raccolta i colleghi, e non solo, per cercare di salvare non solo l’ente Provincia in quanto tale, ma l’intero assetto del territorio. Con la perdita della Provincia automaticamente si perderebbero prefettura, questura, Camera di commercia, agenzia delle entrate. Da qui l’idea di un vertice “super partes” che si terrà il 23 alle 10 nella sala polifunzionale di via Comi.Ma come la pensano coloro che dovranno difendere – «con i fucili e le baionette», ha detto Brucchi in un recente intervento - non solo l’ente, ma la stessa identità del Teramano?

I parlamentari. «E’ una riunione opportuna, così capiamo qual è la volontà dei sindaci e della classe dirigente teramana», esordisce il senatore Pdl Paolo Tancredi, «c’è un po’ di tempo: dai 10 giorni iniziali ora il percorso arriva al 31 ottobre, termine in cui la Regione e il consiglio delle autonomie locali devono dare la propria proposta: ufficialmente è un parere consultivo ma il governo non potrà non tenerne conto. E’ chiaro che sui nostri territori ci sono mire di altre Province, a cui si aggiungono i propositi di alcuni sindaci teramani che vorrebbero andare con altre Province: noi invece dovremmo acquisire abitanti e territorio, non perderli. Si potrebbe fare un tentativo rivedendo i confini, ad esempio acquisendo l’area vestina, Teramo potrebbe avere i requisiti. Ma è tutto teorico».

«Io penso che c’è la possibilità di avere tre Province in Abruzzo: L’Aquila, Teramo e Chieti-Pescara», osserva il deputato del Pd Tommaso Ginoble, «che da tempo lottano per l’area metropolitana perchè si considerano, evidentemente, un unicum. Se noi invece venissimo accorpati saremmo solo un’appendice. Ma per fortuna, essendo una Provincia antica, la storia ci aiuta».

La Regione. «Dai tempi dell’università», commenta l’assessore regionale al lavoro Paolo Gatti, ho sempre pensato che Province dovessero essere abolite. Continuo a pensarlo, ma un governo serio propone l’abolizione di tutte, con un procedimento di revisione costituzionale. E’ un po’ lungo ma non si fanno pastrocchi, danni e penalizzano alcuni territori. Penso che la situazione potrà risolta sotto il profilo dell’anticostituzionalità delle norme. Si può sventare anche con una posizione forte della Regione, che può interloquire o opporsi. Non è campanilismo, ma non ne può essere soppresssa una Provincia ogni regione: crea confusione e inefficienza. Paradossalmente è sulla stessa lunghezza d’onda il consigliere regionale dell’Idv Cesare D’Alessandro: «Noi siamo per abolizione di tutte, riteniamo un gran pasticcio quello che stanno facendo Monti e Patroni Griffi: mette gli uni contro gli altri, ci fa passare l’autunno a discutere di un provvedimento che non solo non risolve problemi del risparmio della spesa pubblica ma aggrava alcune situazioni. In Abruzzo Teramo, la Provincia più antica dell’Adriatico non merita questo trattamento. Per noi così sarebbe una jattura, alcune competenze, penso all’ambiente, sarebbero trasferite invece che ai Comuni più grandi, alla Provincia di Pescara che ci metterà anni prima di capire la situazione locale». Emiliano Di Matteo (Pdl) ritiene che «la riforma di Monti sia una porcheria contro la quale protestare. Non si può pensare che la soluzione in Abruzzo sia accorpare la Provincia di Teramo: non fa risparmiare e fa arrabbiare i teramani. Le Province vanno abolite tutte, così come ridotti i consiglieri regionali (lo faremo dalla prossima legislature) e secondo me accorpate anche le Regioni». Per Claudio Ruffini (Pd) «fra un anno i cittadini teramani si accorgeranno di essere più soli e privi di uno spazio di rappresentanza, di ascolto delle proprie istanze, senza Provincia. Ora rischiamo di diventare la periferia di Pescara, con meno servizi, meno identità culturale, meno presenza dello Stato. Andavano chiuse tutte». D’accordo anche Lanfranco Venturoni (Pdl): «Se si voleva fare un risparmio andavano abolite tutte, è il solito pasticcio all’italiana . Alla fine nessuno può pensare di non essere interessato dall’accorpamento: la provincia di Pescara o L’Aquila non diventeranno dominanti sul territorio teramano. Alla fine non so se il piano si realizzerà veramente».

La Provincia. L’assessore provinciale Elicio Romandini, cifre alla mano, spiega perchè è contrario: «Quando si parlava di un risparmio di 12 miliardi, con l’eliminazione di tutte le Province tutti si espressero a favore. Ma poi togliendo le spese per strade, scuole, mutui, sociale, tutte attività che continueranno ad esistere, compreso il personale, si è scoperto che si risparmiavano solo 100 milioni. Ora la metà delle Province rimangono quindi se ne risparmiano 50: è irrisorio. E in compenso si creano grandi disservizi a interi territori. E anche conflitto sociale: alcune Province sopravvivono e altre no. Senza il livello di attenzione di un ente intermedio come la Provincia che possa difendere gli interessi di un territorio, ad esempio in caso di calamità naturali, come è capitato nel Teramano per l’alluvione, che succederà? Chi avrebbe portato in 8 giorni al Consiglio dei ministri la documentazione per il riconoscimento dello stato di calamità. Chi si occuperà della strada del piccolo paesino di montagna?

I sindaci. Uno per tutti, il sindaco di Giulianova, Francesco Mastromauro: «I politici della nostra provincia sono in grave ritardo, se ne parla da mesi. Potevamo essere interpellati prima: ci troviamo di fronte a un provvedimento che dice Chieti e l’Aquila restano, le altre si devono accorpare. Tutti vogliamo salvare la Provincia di Teramo, ma bisogna confrontarsi con il dato normativo. A questo punto l’unico modo è trovare accordo serio, su basi paritarie con Pescara: non è percorribile accorpamento con L’Aquila, abbiamo radici diverse».

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