Teramo, Varrassi evita l'arresto risarcendo i soldi dell'auto blu

Svelati i motivi del no ai domiciliari per il manager Asl: ha versato 4 mila euro e il peculato diventa meno grave

TERAMO. Arresto evitato per 4mila euro e una clamorosa fuga di notizie. Sono trapelati i motivi che hanno spinto il gip, Giovanni de Rensis, a dire no alla richiesta della procura di Teramo di arrestare il manager della Asl, Giustino Varrassi. Questi motivi saranno al centro di una udienza clou, già fissata per il 19 luglio all’Aquila davanti al tribunale del Riesame.

Il procuratore capo, Gabriele Ferretti e i sostituti, Irene Scordamaglia e Davide Rosati, insistono per l’arresto ed hanno impugnato il no del gip. Il loro ricorso sarà discusso tra appena otto giorni. In sintesi: la procura ha chiesto a giugno gli arresti domiciliari per Varrassi essenzialmente per peculato(l'uso privato dell'auto blu e dell’autista della Asl, che ogni mattina lo andava a prendere all’Aquila).

Sì, gli atti dell’accusa – 1200 pagine – ipotizzano anche presunti abusi e un falso per la mancata azione disciplinare verso medici indagati o per la vicenda dell’urologo, Corrado Robimarga, ex assessore comunale della giunta Brucchi, promosso dalla Asl nonostante che fosse finito sott’inchiesta per visite private nella struttura ospedaliera. Ma il fulcro della richiesta d’arresto resta l’auto blu. C’è però anche la fuga di notizie a segnare la vicenda. In città si comincia a parlare già nei primi giorni di giugno dell’arresto imminente di Varrassi. Il gip infatti lo stigmatizza: nel suo provvedimento parla di rivelazione di segreto istruttorio. Sta di fatto che Varrassi, secondo il giudice informato, corre subito ai ripari. Come? Chiede un parere legale alla Regione sulla possibilità di usare l’auto di servizio con relativo autista per farsi portare da L’Aquila fino in circonvallazione Ragusa a Teramo dove ha sede il suo ufficio da manager. La Regione gli risponde che non può farlo. E lui, con l’aiuto del fedele autista, subito contabilizza la spesa di benzina(4mila euro in un anno) e la restituisce con un bonifico alla Asl. Così il peculato diventa un reato attenuato, peculato d'uso, per il quale non è previsto l'arresto.«Il peculato punisce la condotta del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio che, avendo per ragione del suo ufficio o di servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropri». Ma non è più il caso di Varassi che, avendo risarcito il carburante consumato in dodici mesi, avrebbe commesso qualcosa di meno grave: «La pena, per l'ipotesi base di peculato, è quella della reclusione da tre a sei anni», nel caso attenuato del peculato d’uso, però, la reclusione è da sei mesi a tre anni «ove il colpevole abbia agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa ed ove questa, dopo l'uso momentaneo, sia stata immediatamente restituita». Così si legge sul codice penale. Ma la procura insiste. Per il pm è peculato vero e proprio, non d’uso. Vuole l’arresto.

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