Truffa del terremoto in Abruzzo, padre fa avere al figlio fondi pubblici: condannati
La Corte dei conti condanna un imprenditore e il padre, dipendente del Comune di Isola del Gran Sasso, a restituire i fondi ottenuti per lavori post-sisma. Dovranno risarcire 74mila euro. I giudici: «L’impiegato doveva astenersi per conflitto di interessi»
ISOLA DEL GRAN SASSO. Il processo sulla presunta truffa del terremoto a Isola è ancora in corso, ma la giustizia contabile ha già emesso un primo verdetto. La Corte dei conti ha stabilito l’esistenza di un danno all’ente pubblico per fondi che non dovevano essere percepiti dal privato e per un padre dipendente pubblico che non si è astenuto quando nel suo ufficio sono arrivate pratiche che in qualche modo avevano a che fare con il figlio. La Corte dei conti dell’Aquila ha condannato l’imprenditore Alessandro Trasatti e il padre Dante, all’epoca dei fatti dipendente del Comune di Isola, a risarcire 74mila euro in favore del Comune. I due sono a processo con l’accusa di truffa il primo e abuso d’ufficio il secondo nella sua veste di dipendente pubblico.
Nel mirino della procura (il pm titolare del fascicolo è Stefano Giovagnoni che ha fatto la segnalazione alla Corte dei conti) sono finite le procedure usate per accedere ai fondi destinati alla ristrutturazione di immobili lesionati dal terremoto del 2009 a Isola. Secondo l’accusa le lesioni c’erano ed è stato provato anche il nesso di causalità tra sisma e danni, ma sarebbero stati rimborsati lavori non eseguiti. Dante Trasatti, all’epoca dei fatti responsabile della ricezione delle domande per i danni del terremoto, è indagato per abuso d’ufficio: secondo l’accusa non avrebbe rilevato irregolarità nelle domande presentate da chi si era affidato all’impresa del figlio.
Scrivono i giudici della Corte dei conti (presidente Tommaso Miele): «I lavori eseguiti non corrispondono qualitativamente con quelli attestati e pagati dal Comune di Isola». Ma è sul ruolo del dipendente pubblico che si soffermano: «Dal protocollo informatico dell’ente risulta che tutte le istruttorie riguardanti i contributi illegittimamente erogati erano state assegnate al Trasatti il quale ha curato fattivamente l’istruttoria fino alla conclusione (nel provvedimento finale si è fatto sostituire da un collega citato dalla Corte dei conti(ndr). E’ evidente, quindi, la violazione del divieto di incompatibilità tra amministratore e amministrato nonchè l’esistenza di un conflitto di interessi tra il Trasatti Dante e le pratiche curate dal figlio Alessandro in qualità di legale rappresentante della ditta esecutrice dei lavori nonchè tecnico incaricato di redigere la perizia giurata a fondamento delle domande di contributo».
E qui i giudici contabili citano il codice di comportamento dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche «che prevede un dovere di astensione dalla partecipazione all’adozione di decisioni o attività che possano coinvolgere interessi propri ovvero di suoi parenti» e la legge anticorruzione «che prevede la responsabilità disciplinare, civile, penale e contabile nel caso di violazione del dovere di astensione nel caso di conflitti di interesse». (d.p.)
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