Si trova nel pesce crudo, 32 casi sospetti tra Pescara e Chieti
Anikasis, larva-killer
L'équipe del professore Gidaro riesce a filmare per la prima volta il parassita. Allo Spirito Santo operati dodici malati
PESCARA. Un parassita che penetra nell'intestino. Per la prima volta, è stata ripresa nel corso di un intervento in laparoscopia l'immagine di una larva di anisakis che s'infila nei tessuti di un organo umano. E' stata l'équipe del professor Giacomo Gidaro a fornire il filmato. Documento scientifico da considerarsi unico per una forma di parassitosi che, soltanto da qualche anno, comincia a essere studiata con rigore. Anche perché sono numerosi i casi riscontrati in Abruzzo. Di anisakidosi si parla da tempo e si sa che la larva si annida nel pesce crudo. Insospettabile era invece la incidenza della patologia, considerata più frequente nei Paesi orientali.
«Non c'è da fare terrorismo», avverte il professor Gidaro, direttore della prima clinica chirurgica dell'ospedale di Pescara. «Diciamo però che è come il fumo, è un problema di informazione: soltanto da un po' si sta prendendo coscienza che le sigarette fanno male, così bisogna sapere che mangiare pesce crudo può spesso provocare guai seri». L'affermazione è confortata dai dati del microbiologo Paolo Fazii, dirigente medico del laboratorio analisi dell'ospedale, diretto dal professor Giuseppe Roario Sforza.
CASI CLINICI. Nel periodo settembre 1998- marzo 2002, sono stati osservati negli ospedali dell'area metropolitana Chieti- Pescara 32 pazienti con sospetta anisakidosi acuta o complicata, poi ridotti a ventuno. Di questi, dodici hanno dovuto sottoporsi a intervento chirurgico. Dato emblematico, visto che su tutto il resto del territorio nazionale la letteratura medico-scientifica ne segnala non più di quindici. In tutti i casi, i pazienti affetti da anisakidosi erano abituali consumatori di pesce e tutti ricordavano di aver mangiato ripetutamente "alici marinate", piatto tipico della cucina pescarese a base di pesce azzurro fresco che viene preparato in una base di succo di limone e aceto. Ma, è stato dimostrato, limone e aceto non uccidono gli eventuali parassiti: le larve muoiono soltanto a temperature elevate o molto basse (+ 60 gradi o - 30 per 24 ore). L'alta prevalenza riscontrata nel Pescarese dimostra che l'anisakidosi, più che rara, è da considerarsi patologia misconosciuta. «L'alta prevalenza locale», spiega Fazii, «non è dovuta alla caratteristica del pescato o a una suscettibilità a infettarsi. Riteniamo invece che nel nostro ospedale si siano creati i presupposti tecnico-scientifici, con la costituzione di un pool di esperti multidisciplinare, che hanno permesso di evidenziare una patologia finora sommersa».
ABITUDINI ALIMENTARI. E' dunque una patologia che potrebbe aumentare, visto che si va diffondendo l'abitudine di consumare cibi esotici che prevedono l'impiego di pesce crudo (sushi, sashimi...). E anche perché è sempre più frequente recarsi per lavoro o per turismo nei Paesi orientali, dove abitualmente si mangia pesce crudo. D'altra parte, diverse sono state le segnalazioni di infestazione di prodotti ittici come sgombri, sardine, triglie e in numerose altre specie tipiche dei nostri mari, così come in campioni di pesce importato.
LE FORME GRAVI. La diagnosi di certezza di anisakidosi scatta con l'individuazione del parassita. Ma non è sempre facile. Molti casi si prestano a essere scambiati per altre patologie gastrointestinali: rettocolite ulcerosa, morbo di Crohn, neoplasia intestinale o anche appendicite acuta. Quando l'anisakidosi si presenta nella forma complicata, tale da causare una occlusione intestinale, è necessario l'intervento chirurgico.
PROVOCA ALLERGIE. In tutti gli altri casi, la malattia si manifesta in forma silente ma non per questo meno preoccupante. E' stata infatti sottolineata la capacità dell'anisakis di provocare allergie. «Sono stati segnalati casi di orticaria, di angioedema, di shock anafilattico», annota Fazii. «Nei soggetti sensibilizzati sono stati anche riscontrati episodi di asma allergico, congiuntivite e dermatite da contatto. Potrebbero così trovare spiegazione manifestazioni allergiche, alcune assai diffuse tra la popolazione».
«Non c'è da fare terrorismo», avverte il professor Gidaro, direttore della prima clinica chirurgica dell'ospedale di Pescara. «Diciamo però che è come il fumo, è un problema di informazione: soltanto da un po' si sta prendendo coscienza che le sigarette fanno male, così bisogna sapere che mangiare pesce crudo può spesso provocare guai seri». L'affermazione è confortata dai dati del microbiologo Paolo Fazii, dirigente medico del laboratorio analisi dell'ospedale, diretto dal professor Giuseppe Roario Sforza.
CASI CLINICI. Nel periodo settembre 1998- marzo 2002, sono stati osservati negli ospedali dell'area metropolitana Chieti- Pescara 32 pazienti con sospetta anisakidosi acuta o complicata, poi ridotti a ventuno. Di questi, dodici hanno dovuto sottoporsi a intervento chirurgico. Dato emblematico, visto che su tutto il resto del territorio nazionale la letteratura medico-scientifica ne segnala non più di quindici. In tutti i casi, i pazienti affetti da anisakidosi erano abituali consumatori di pesce e tutti ricordavano di aver mangiato ripetutamente "alici marinate", piatto tipico della cucina pescarese a base di pesce azzurro fresco che viene preparato in una base di succo di limone e aceto. Ma, è stato dimostrato, limone e aceto non uccidono gli eventuali parassiti: le larve muoiono soltanto a temperature elevate o molto basse (+ 60 gradi o - 30 per 24 ore). L'alta prevalenza riscontrata nel Pescarese dimostra che l'anisakidosi, più che rara, è da considerarsi patologia misconosciuta. «L'alta prevalenza locale», spiega Fazii, «non è dovuta alla caratteristica del pescato o a una suscettibilità a infettarsi. Riteniamo invece che nel nostro ospedale si siano creati i presupposti tecnico-scientifici, con la costituzione di un pool di esperti multidisciplinare, che hanno permesso di evidenziare una patologia finora sommersa».
ABITUDINI ALIMENTARI. E' dunque una patologia che potrebbe aumentare, visto che si va diffondendo l'abitudine di consumare cibi esotici che prevedono l'impiego di pesce crudo (sushi, sashimi...). E anche perché è sempre più frequente recarsi per lavoro o per turismo nei Paesi orientali, dove abitualmente si mangia pesce crudo. D'altra parte, diverse sono state le segnalazioni di infestazione di prodotti ittici come sgombri, sardine, triglie e in numerose altre specie tipiche dei nostri mari, così come in campioni di pesce importato.
LE FORME GRAVI. La diagnosi di certezza di anisakidosi scatta con l'individuazione del parassita. Ma non è sempre facile. Molti casi si prestano a essere scambiati per altre patologie gastrointestinali: rettocolite ulcerosa, morbo di Crohn, neoplasia intestinale o anche appendicite acuta. Quando l'anisakidosi si presenta nella forma complicata, tale da causare una occlusione intestinale, è necessario l'intervento chirurgico.
PROVOCA ALLERGIE. In tutti gli altri casi, la malattia si manifesta in forma silente ma non per questo meno preoccupante. E' stata infatti sottolineata la capacità dell'anisakis di provocare allergie. «Sono stati segnalati casi di orticaria, di angioedema, di shock anafilattico», annota Fazii. «Nei soggetti sensibilizzati sono stati anche riscontrati episodi di asma allergico, congiuntivite e dermatite da contatto. Potrebbero così trovare spiegazione manifestazioni allergiche, alcune assai diffuse tra la popolazione».