De Arcangelis, editore in Abruzzo
In un libro la storia del tipografo di Casalbordino con la passione della cultura
Alla ribalta della storia letteraria compaiono spesso solo i nomi più grandi, autori che le nazioni e i popoli riconoscono come padri culturali. Tuttavia la cultura di un popolo non è forgiata solo dal lavoro dei geni letterari e artistici, ma anche dall’attività sotterranea, non meno importante, di uomini che offrono un contributo unico allo sviluppo civile. Fra questi si pongono gli editori e fra i nomi che hanno fatto la storia dell’editoria abruzzese un posto di rilievo assume Nicola De Arcangelis.
E’ in libreria da poco un volume che cerca di ricostruire l’attività e la carriera di questo tipografo-editore di Casalbordino, vissuto tra il 1863 e il 1933, un saggio intitolato semplicemente «Nicola De Arcangelis editore» (Ianieri, 401 pagine, 25 euro) e realizzato da Luigi Lucarelli. Una ricerca quella di Lucarelli che, corredata da un catalogo storico delle opere edite dalla editrice De Arcangelis a cura di Antonella Iannucci, vuole essere più di una semplice biografia. Lo studio mira, infatti, a restituire in tutto il loro spessore le ragioni culturali e gli effetti sul tessuto socio-culturale dell’Abruzzo dell’operato del grande editore.
Un editore a cui si deve una buona parte della rinascita e dell’evoluzione culturale abruzzese a cavallo tra Otto e Novecento. E se si considera l’arretratezza culturale della regione in quel periodo, risulta evidente perché vada ricordato l’incredibile sforzo di De Arcangelis, il quale pensò di impiantare, nonostante gli evidenti ostacoli ambientali, un’attività tipografica in un’area in cui l’analfabetismo era diffuso in maniera endemica. De Arcangelis così, già negli anni conclusivi dell’Ottocento, divenne il punto di riferimento di molti autori abruzzesi, alcuni blasonati come Giuseppe Mezzanotte, o Antonio De Nino, il quale diede il battesimo alla casa editrice con «Vecchi amori grammaticali e filologici», ma anche di studiosi legati all’Abruzzo per le loro ricerche come il francese Emile Bertaux.
E insieme a tanti nomi minori, fanno capolino, nei periodici della casa editrice, anche grandi autori, seppure in maniera occasionale, lo stesso D’Annunzio, Fogazzaro, Luigi Capuana. Ma ciò che colpisce di più è la collaborazione con Rocco Carabba, la cui casa editrice a Lanciano è ancora oggi una pietra miliare dell’editoria abruzzese. Basti pensare che per Carabba, a soli 17 anni, De Arcangelis stampò come tipografo «Papaveri», la mitica raccolta poetica di Edoardo Scarfoglio.
Nel capitolo primo del libro viene tracciato un profilo umano e culturale dell’uomo De Arcangelis, di cui si sottolinea la magnanimità e affabilità, il carattere ponderato e lungimirante, insomma «un gentiluomo a cui premeva soprattutto la credibilità personale e l’affidabilità sul lavoro» come sostiene l’autore Lucarelli, socio della Deputazione abruzzese di storia patria e autore di altri numerosi saggi, come le monografie su Scerni e Casalbordino.
La vasta produzione libraria della casa editrice di De Arcangelis è, invece, alla base del secondo capitolo, che cerca di dare testimonianza non solo della rilevanza data dall’editore di Casalbordino agli elementi autoctoni e regionali, ma anche dell’attenzione dello stesso editore per i fermenti innovativi e per la letteratura nuova. Ed ecco che accanto a nomi storici dell’orizzonte abruzzese, Gennaro Finamore folclorista e dialettologo, o Cesare De Titta poeta che con De Arcangelis pubblicò prima in lingua e poi in dialetto, si trovano autori e opere anche più innovative.
Come ad esempio un testo di grammatica per le scuole, «Elementi di grammatica italiana» scritto da Domenico Bolognese e diffuso dalla editrice De Arcangelis nel 1908, dove per la prima volta, già agli inizi del ’900, apertamente si svelava una verità ancora oggi non molto condivisa, e cioè che «la grammatica non insegna a parlare e a scrivere correttamente, ma è solo il libro del si dice e del non si dice». Impostazione che la dice lunga sull’apertura culturale della casa editrice De Arcangelis, che del resto diede alle stampe anche libri scientifici, di medicina, e poi di agronomia, zootecnia, enologia.
Un aspetto fondamentale è poi quello del dialetto abruzzese e dell’abruzzesistica; sulla strada tracciata da De Nino e Finamore, Tommaso Bruni pubblicò per De Arcangelis una serie di importanti saggi, tra i quali vale la pena citare «Proverbi, modi di dire e sentenze proverbiali abruzzesi», opera questa che insieme alla poesia di Alfredo Luciani e dello stesso De Titta, aveva contribuito ormai a portare a dignità letteraria il vernacolo abruzzese.
La terza parte del libro è invece dedicata ai periodici e alle riviste che la casa editrice pubblicò; tra i tanti spicca L’Illustrazione abruzzese di arte, letteratura, storia, attualità e costume, oppure L’Annuario abruzzese che, nato dopo la morte di De Arcangelis, ottenne l’adesione di illustri nomi come Benedetto Croce, Ignazio Silone, Michele Cascella e tanti altri.
E’ in libreria da poco un volume che cerca di ricostruire l’attività e la carriera di questo tipografo-editore di Casalbordino, vissuto tra il 1863 e il 1933, un saggio intitolato semplicemente «Nicola De Arcangelis editore» (Ianieri, 401 pagine, 25 euro) e realizzato da Luigi Lucarelli. Una ricerca quella di Lucarelli che, corredata da un catalogo storico delle opere edite dalla editrice De Arcangelis a cura di Antonella Iannucci, vuole essere più di una semplice biografia. Lo studio mira, infatti, a restituire in tutto il loro spessore le ragioni culturali e gli effetti sul tessuto socio-culturale dell’Abruzzo dell’operato del grande editore.
Un editore a cui si deve una buona parte della rinascita e dell’evoluzione culturale abruzzese a cavallo tra Otto e Novecento. E se si considera l’arretratezza culturale della regione in quel periodo, risulta evidente perché vada ricordato l’incredibile sforzo di De Arcangelis, il quale pensò di impiantare, nonostante gli evidenti ostacoli ambientali, un’attività tipografica in un’area in cui l’analfabetismo era diffuso in maniera endemica. De Arcangelis così, già negli anni conclusivi dell’Ottocento, divenne il punto di riferimento di molti autori abruzzesi, alcuni blasonati come Giuseppe Mezzanotte, o Antonio De Nino, il quale diede il battesimo alla casa editrice con «Vecchi amori grammaticali e filologici», ma anche di studiosi legati all’Abruzzo per le loro ricerche come il francese Emile Bertaux.
E insieme a tanti nomi minori, fanno capolino, nei periodici della casa editrice, anche grandi autori, seppure in maniera occasionale, lo stesso D’Annunzio, Fogazzaro, Luigi Capuana. Ma ciò che colpisce di più è la collaborazione con Rocco Carabba, la cui casa editrice a Lanciano è ancora oggi una pietra miliare dell’editoria abruzzese. Basti pensare che per Carabba, a soli 17 anni, De Arcangelis stampò come tipografo «Papaveri», la mitica raccolta poetica di Edoardo Scarfoglio.
Nel capitolo primo del libro viene tracciato un profilo umano e culturale dell’uomo De Arcangelis, di cui si sottolinea la magnanimità e affabilità, il carattere ponderato e lungimirante, insomma «un gentiluomo a cui premeva soprattutto la credibilità personale e l’affidabilità sul lavoro» come sostiene l’autore Lucarelli, socio della Deputazione abruzzese di storia patria e autore di altri numerosi saggi, come le monografie su Scerni e Casalbordino.
La vasta produzione libraria della casa editrice di De Arcangelis è, invece, alla base del secondo capitolo, che cerca di dare testimonianza non solo della rilevanza data dall’editore di Casalbordino agli elementi autoctoni e regionali, ma anche dell’attenzione dello stesso editore per i fermenti innovativi e per la letteratura nuova. Ed ecco che accanto a nomi storici dell’orizzonte abruzzese, Gennaro Finamore folclorista e dialettologo, o Cesare De Titta poeta che con De Arcangelis pubblicò prima in lingua e poi in dialetto, si trovano autori e opere anche più innovative.
Come ad esempio un testo di grammatica per le scuole, «Elementi di grammatica italiana» scritto da Domenico Bolognese e diffuso dalla editrice De Arcangelis nel 1908, dove per la prima volta, già agli inizi del ’900, apertamente si svelava una verità ancora oggi non molto condivisa, e cioè che «la grammatica non insegna a parlare e a scrivere correttamente, ma è solo il libro del si dice e del non si dice». Impostazione che la dice lunga sull’apertura culturale della casa editrice De Arcangelis, che del resto diede alle stampe anche libri scientifici, di medicina, e poi di agronomia, zootecnia, enologia.
Un aspetto fondamentale è poi quello del dialetto abruzzese e dell’abruzzesistica; sulla strada tracciata da De Nino e Finamore, Tommaso Bruni pubblicò per De Arcangelis una serie di importanti saggi, tra i quali vale la pena citare «Proverbi, modi di dire e sentenze proverbiali abruzzesi», opera questa che insieme alla poesia di Alfredo Luciani e dello stesso De Titta, aveva contribuito ormai a portare a dignità letteraria il vernacolo abruzzese.
La terza parte del libro è invece dedicata ai periodici e alle riviste che la casa editrice pubblicò; tra i tanti spicca L’Illustrazione abruzzese di arte, letteratura, storia, attualità e costume, oppure L’Annuario abruzzese che, nato dopo la morte di De Arcangelis, ottenne l’adesione di illustri nomi come Benedetto Croce, Ignazio Silone, Michele Cascella e tanti altri.