ABRUZZO
Lavoro, qualcosa non va: "I posti ci sono ma i profili idonei sono introvabili"
Confartigianato lancia l'allarme e chiede un cambio di marcia
PESCARA. Scatta l'emergenza manodopera soprattutto nel settore dell'artigianato abruzzese dove per le imprese diventa sempre più difficile trovare candidati con i requisiti adeguati.
E' quanto emerge dal rapporto di Confartigianato basato su dati Unioncamere-Anpal. Nel 2022 le piccole imprese italiane hanno avuto grosse difficoltà a reperire 1.406.440 lavoratori, pari al 42,7% delle assunzioni complessivamente previste. Nel settore dell’artigianato la quota sale al 50,2% pari a 263.980 lavoratori introvabili.
In Abruzzo, in linea con il trend nazionale, nel corso dell'anno che si è appena concluso, la percentuale è stata del 42,1% rispetto al totale delle assunzioni programmate dalle imprese che hanno fino a 49 dipendenti.
La percentuale sale al 50,8% e colloca le imprese artigiane al di sopra della media nazionale, insieme alle Marche. L’Abruzzo è tra le regioni del Centro-Sud che fanno più fatica ad incrociare domanda e offerta di lavoro.
Ecco la situazione nelle regioni: in Toscana (50,2%), Lazio (48,9%), Liguria (47,1%), Sardegna (46,3%), Campania (43,9%), Molise (42,5%), Calabria (42,1%), Sicilia e Basilicata (41,4%), Puglia (40,1), mentre al Nord vanno peggio soltanto in Trentino Alto Adige (57,1%), Friuli-Venezia Giulia (56,4%), Veneto (55,1%), Umbria (54,1%), Piemonte e Valle d’Aosta (53,1%), Lombardia (52,8%) e Emilia Romagna (52,6%).
L'Aquilla e Chieti sono le province abruzzesi in cui le imprese artigiane e non artigiane scontano maggiori difficoltà nel reperire il personale, con percentuali superiori alla media provinciale del Paese (40,5%). In provincia di Pescara si registra il 38,5% e in quella di Teramo il 38%.
I settori in cui si registrano le maggiori criticità nel reperire i profili professionali idonei sono, in ambito manifatturiero, i comparti della metallurgia e dei prodotti in metallo con il 55%. A seguire troviamo le apparecchiature elettriche, elettroniche, ottiche e medicali (52,1%); macchinari, attrezzature e mezzi di trasporto (51,6%); legno e mobili (50,9%); beni per la casa, tempo libero e altre manifatturiere (49,3%); tessili, abbigliamento e calzature (46,3%).
Forte mismatch tra domanda e offerta anche nel settore delle costruzioni, con il 52,8%, e nel terziario, dove il fenomeno risulta più marcato per il commercio e riparazione di autoveicoli e motocicli (57,5%), seguito da servizi informatici e telecomunicazioni (52,3%) e servizi di trasporto, logistica e magazzinaggio (47,2%).
Le principali figure che risultano di difficile reperimento sono quelle dei progettisti e amministratori di sistemi (83,9%); analisti e progettisti di software (80,8%); intonacatori (78%); specialisti di saldatura elettrica (77,7%); idraulici (70,1%); meccanici (69,9%); installatori di infissi e serramenti (67,6%); tecnici programmatori (66,8%); saldatori (66,8%).
In Abruzzo con l’inizio del 2023 la situazione non sembra migliorare e da un esame dei dati rilevati a gennaio la percentuale è del 48,1% (superiore alla media nazionale pari al 45,6%).
Aumentano dunque le difficoltà nel trovare manodopera qualificata del 7,7% rispetto all’anno precedente. Numeri che collocano l’Abruzzo al primo posto, in tutto il Centro-Sud Italia e al settimo a livello nazionale nella poco ambita classifica delle regioni che fanno fatica ad intercettare i profili lavorativi di cui hanno bisogno le aziende.
Nella graduatoria nazionale hanno maggiori problemi solo Trentino-Alto Adige (56,7%), Friuli-Venezia Giulia (55,5%), Valle d’Aosta (54,8%), Emilia-Romagna (50,1%), Umbria e Veneto (49,7), Piemonte (49,3).
Tra i profili più difficili da trovare, a livello nazionale, ad inizio anno figurano gli operai specializzati e conduttori di impianti e macchine (55,8%), in particolare gli operai specializzati nell’edilizia e nella manutenzione degli edifici (63,4%), gli operai nelle attività metalmeccaniche richiesti in altri settori (61%) e gli operai specializzati nelle industrie del legno e della carta (59,2%).
La crisi demografica, determinata da denatalità e invecchiamento della popolazione, si riverbera sul mercato del lavoro, riducendo gli attivi e incrementando la difficoltà di reperimento di manodopera. Nell'arco degli ultimi dieci anni, gli under 35 attivi sul mercato del lavoro - occupati e in cerca di occupazione - sono diminuiti del 10,4 %, che in termini assoluti si traduce in un calo di 716 mila unità. Per i prossimi trent’anni è peraltro prevista una ulteriore diminuzione, del 23,6%, della popolazione in età da lavoro, soprattutto nel Mezzogiorno.
L’Abruzzo è tra le regioni che, sulla base delle previsioni, andrà incontro alla più elevata intensità del calo demografico, con una diminuzione del 30%, collocandosi ben al di sopra della media nazionale. Sarà peggio solo per Campania (-30,7%), Sicilia (-33,4%), Puglia (-34,1%) Calabria (-34,7%), Molise (-34,8%), Basilicata (-39,5%) e Sardegna (-40,4%).
Il presidente e il segretario regionale di Confartigianato Abruzzo Giancarlo Di Blasio e Daniele Di Marzio spiegano che «Il difficile reperimento della manodopera rappresenta la punta dell’iceberg di una società complessa e caratterizzata da un mercato del lavoro turbolento. I molteplici fattori che, insieme al calo demografico, incidono sul fenomeno, hanno a che vedere con l’adeguatezza del percorso scolastico-formativo, con la precedente esperienza lavorativa, con la retribuzione offerta dall’azienda, con l’accesso a strumenti di welfare aziendale e con la flessibilità degli orari.
La rapidità del progresso tecnologico, nell’ambito della transizione digitale in corso, genera una maggiore difficoltà di aggiornamento del sistema scolastico, senza dimenticare che sull'offerta di lavoro incidono i flussi migratori, in ingresso e in uscita, caratterizzati anche dalla fuga di giovani cervelli.
Occorre programmare tutti gli aspetti, in modo particolare quello della formazione e preparazione delle risorse. La carenza di manodopera va affrontata con un approccio sistemico e coordinato degli interventi di politica economica e delle misure per riattivare il mercato del lavoro. Notevole è l’impegno nell’artigianato ad investire sulla qualità della contrattazione collettiva, che prevede importanti forme di welfare aziendale».