Le sorti d’Europa decise in Abruzzo
Un’esposizione di armi ricorda la resistenza all’assedio francese del 1557
CIVITELLA DEL TRONTO. Quattro secoli e mezzo fa, nella primavera del 1557, l’estremo lembo settentrionale d’Abruzzo fu teatro di un episodio militare che condizionò in modo determinante l’esito di una delle guerre franco-spagnole dell’epoca. Civitella del Tronto, piazzaforte che guardava il confine del regno di Napoli, resistè all’assedio di un potente esercito d’invasione francese che, sostenuto dal papa, puntava ad annettere il regno alla Francia. Fu un assedio breve ma cruento, nel quale la popolazione locale recitò un ruolo da protagonista. Civitella, ora, celebra quegli avvenimenti.
Lo fa con una mostra di armi d’epoca che viene inaugurata oggi alle 17.30 in fortezza e durerà fino a fine novembre. Si potranno ammirare armi da taglio e da fuoco, elmi e armature. Alcuni pannelli illustrati consentiranno al visitatore di ricostruire quegli eventi e di collocarli nel contesto storico dell’epoca. In settembre ci sarà anche un convegno nel quale studiosi di storia illustreranno l’importanza dell’assedio del 1557 per la storia dell’intera Europa (anche la sconfitta francese in Abruzzo spianò la strada alla celebre pace di Cateau Cambresis, che nel 1559 sancì l’inizio di una lunga tregua tra le due principali potenze dell’epoca) e per quella di Civitella (la cui valenza strategica fu allora compresa e valorizzata da Filippo II di Spagna, che ordinò la realizzazione della gigantesca fortezza come la vediamo oggi).
La mostra che parte oggi è l’ennesima tappa di un processo di riscoperta e valorizzazione del proprio patrimonio storico che Civitella ha avviato una ventina d’anni fa, quando la Soprintendenza regionale restituì al Comune la fortezza restaurata. Pochi piccoli paesi, in Abruzzo e altrove, vantano la storia di Civitella. Ma riportare alla luce questa storia è stato - ed è ancora - difficile. Un po’ per i mezzi limitati a disposizione dell’amministrazione locale, costretta a cercare aiuti istituzionali che spesso non arrivano, un po’ perché la storiografia ufficiale italiana aveva steso un velo su Civitella del Tronto. “Colpa”, per così dire, dell’atto finale di Civitella come piazzaforte militare: il lungo assedio sostenuto nell’inverno 1860-61 contro le truppe del nascente regno d’Italia. Civitella fu l’ultima piazzaforte borbonica ad arrendersi ai piemontesi e lo fece quando già il regno delle Due Sicilie era finito e a Torino si riuniva il primo Parlamento italiano.
Intorno alle poche centinaia di irriducibili difensori del forte, intanto, nasceva un diffuso movimento di resistenza all’invasore piemontese che, liquidato sbrigativamente come “brigantaggio”, sarebbe durato ancora per decenni. Non a caso i piemontesi, dopo la resa, rasero al suolo la fortezza. Non a caso, durante e dopo quella campagna, usarono nel Teramano metodi da spietato esercito di occupazione (villaggi bruciati, deportazioni, esecuzioni sommarie). Oggi, però, certi veli sono caduti. Civitella può così ottenere dal museo di artiglieria di Torino pezzi antichi per allestire mostre e nello stesso tempo far sventolare il vessillo borbonico in fortezza accanto al tricolore. Il fascino della storia, in questa suggestiva estremità d’Abruzzo, cancella distanze e divisioni.
Lo fa con una mostra di armi d’epoca che viene inaugurata oggi alle 17.30 in fortezza e durerà fino a fine novembre. Si potranno ammirare armi da taglio e da fuoco, elmi e armature. Alcuni pannelli illustrati consentiranno al visitatore di ricostruire quegli eventi e di collocarli nel contesto storico dell’epoca. In settembre ci sarà anche un convegno nel quale studiosi di storia illustreranno l’importanza dell’assedio del 1557 per la storia dell’intera Europa (anche la sconfitta francese in Abruzzo spianò la strada alla celebre pace di Cateau Cambresis, che nel 1559 sancì l’inizio di una lunga tregua tra le due principali potenze dell’epoca) e per quella di Civitella (la cui valenza strategica fu allora compresa e valorizzata da Filippo II di Spagna, che ordinò la realizzazione della gigantesca fortezza come la vediamo oggi).
La mostra che parte oggi è l’ennesima tappa di un processo di riscoperta e valorizzazione del proprio patrimonio storico che Civitella ha avviato una ventina d’anni fa, quando la Soprintendenza regionale restituì al Comune la fortezza restaurata. Pochi piccoli paesi, in Abruzzo e altrove, vantano la storia di Civitella. Ma riportare alla luce questa storia è stato - ed è ancora - difficile. Un po’ per i mezzi limitati a disposizione dell’amministrazione locale, costretta a cercare aiuti istituzionali che spesso non arrivano, un po’ perché la storiografia ufficiale italiana aveva steso un velo su Civitella del Tronto. “Colpa”, per così dire, dell’atto finale di Civitella come piazzaforte militare: il lungo assedio sostenuto nell’inverno 1860-61 contro le truppe del nascente regno d’Italia. Civitella fu l’ultima piazzaforte borbonica ad arrendersi ai piemontesi e lo fece quando già il regno delle Due Sicilie era finito e a Torino si riuniva il primo Parlamento italiano.
Intorno alle poche centinaia di irriducibili difensori del forte, intanto, nasceva un diffuso movimento di resistenza all’invasore piemontese che, liquidato sbrigativamente come “brigantaggio”, sarebbe durato ancora per decenni. Non a caso i piemontesi, dopo la resa, rasero al suolo la fortezza. Non a caso, durante e dopo quella campagna, usarono nel Teramano metodi da spietato esercito di occupazione (villaggi bruciati, deportazioni, esecuzioni sommarie). Oggi, però, certi veli sono caduti. Civitella può così ottenere dal museo di artiglieria di Torino pezzi antichi per allestire mostre e nello stesso tempo far sventolare il vessillo borbonico in fortezza accanto al tricolore. Il fascino della storia, in questa suggestiva estremità d’Abruzzo, cancella distanze e divisioni.