LA POLEMICA
Maraini: quella foto fa pena, un danno all’immagine della regione
Il caso delle ombrelline, la scrittrice contro il governatore: che tristrezza, quell'immagine fa pensare un atteggiamento servile
PESCASSEROLI. A Dacia Maraini, “raccontatrice di storie” per autodefinizione, non è andata giù la fotografia delle cosiddette “ombrelline”. La scrittrice innamorata dell’Abruzzo non nasconde un po’ di tristezza e inquadra l’episodio sotto un duplice punto di vista.
«Da una parte mi mette tristezza», osserva, «perché fa pensare a un atteggiamento servile, ma allo stesso tempo mi fa anche tenerezza perché vuol dire che le donne sono sempre pronte a proteggere, a curare. Vivo un doppio sentimento, ma qui il proteggere e il curare non avviene per fatti biologici ma perché storicamente è stato insegnato alle donne che devono curare, proteggere, difendere. Ci sono dei sentimenti che sono introiezioni storiche».
Il suo giudizio è legato all’Abruzzo in particolare?
«Non è una questione specificatamente abruzzese. Si vedono ovunque uomini importanti seduti e donne che si premurano di proteggerli dalla pioggia. Riconosco la premura delle donne, ma non sfugge che siamo di fronte a un'immagine un po’ servile».
Il presidente della Regione, Luciano D'Alfonso, sostiene che l’episodio non rappresenta un’offesa alle donne e che sarebbe giusto chiedere scusa a loro per la strumentalizzazione.
«Una persona attenta e premurosa avrebbe detto: prendo in mano io l’ombrello. Non c'era bisogno di tenerlo, bastava fare il gesto».
Il Governatore dell’Abruzzo sottolinea anche che nell’organizzazione erano coinvolti anche 12 ragazzi tra i 32 complessivi.
«Guarda caso, però, a reggere gli ombrelli erano donne. Il problema è che è mancato l’imbarazzo. E poi non si può non notare la somiglianza di quella foto con le vecchie immagini dei grandi potenti egiziani che avevano il servo con l’ombrello sia con il sole, sia con la pioggia».
Insomma, un’immagine che si poteva e doveva evitare?
«La realtà è complicata e se si va a scavare si trovano mille ragioni e tutto diventa più complesso. La foto è diventata emblematica perché rappresenta qualcosa che fa parte della realtà. Diciamo la verità, le donne vivono troppo spesso in condizioni servili, quando sono a casa, ad accudire i bambini, quando sono costrette a rinunciare al lavoro, alla professione, alla loro carriera per il bene della famiglia. È una fotografia penosa, che dà l’idea di una servilità femminile: donne che coprono, proteggono, aggiustano le cose con un atteggiamento servile. Gli uomini potevano tenersi gli ombrelli da soli».
Nessuna responsabilità di quelle donne, tra cui c’era anche la figlia del presidente D’Alfonso?
«Va detto che le donne, spesso, si mettono dalla parte della “servitù” e questo è storicamente comprensibile. Sono caratterizzate da un istinto di protezione che hanno per storia ed hanno introiettato questo ruolo. Iconograficamente si ha questa impressione, poi la realtà è sempre più complessa di quello che sembra. Le istituzioni, però, non sempre danno buoni esempi e questo è uno di quelli. L'Abruzzo, invece, è un territorio in cui ci sono realtà molto avanzate ed è sbagliato dare questa immagine».
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