Pasqua, memoria e futuro

24 Aprile 2011
La riflessione pasquale di Bruno Forte (arcivescovo di Chieti-Vasto)

Vorrei partire per questa mia riflessione pasquale da un evento svoltosi a Chieti il 14 Aprile scorso, senza avere - mi sembra - tutta l'attenzione che poteva meritare: la riapertura del Museo Archeologico Nazionale di Villa Frigeri, arricchito da un nuovo, splendido allestimento e da una geniale «contaminazione» fra passato e presente. L'allestimento risponde a un criterio alternativo a quello normalmente utilizzato nelle organizzazioni museali: il territorio di provenienza dei reperti è preferito alla datazione, spesso solo ipotetica, la «topologia», e cioè la logica del luogo, alla «cronologia», la logica delle età successive. Il grande guadagno è che l'oggetto di secoli fa è situato nell'ambiente vitale che lo espresse, mentre la contestualizzazione geografica consente accostamenti e iridescenze, che stabiliscono un ponte ideale fra l'esperienza attuale e il passato. Ciò che fu voce di carne e di sangue, di usi e costumi legati alla terra e alle migrazioni di un tempo, rivive nel suo «habitat» naturale, le terre dei Marrucini e dei Peligni, dei Sanniti e dei Sabini, cui corrispondono gli odierni territori dell'Abruzzo.

Questo modo di procedere evidenzia una logica di «incarnazione», che è quella esaltata proprio dagli eventi della Pasqua: il Figlio di Dio che si fa carne entra nell'abisso della vita e della morte degli uomini, nei loro legami vitali d'esistenza, e v'immette la forza trasformatrice della sua resurrezione. Proprio così il cristianesimo ci appare per quello che veramente è: non la religione della salvezza dalla storia, che inviti a una continua fuga dal tempo e dalle responsabilità ad esso legate, ma la religione della salvezza della storia, che stimola all'impegno per la vita e la gioia delle donne e degli uomini concreti, compagni di strada e radicati alla terra.

Il vissuto del passato ci provoca a vivere il presente nella fedeltà al territorio, assumendone le sfide e le sofferenze, dando voce ai bisogni reali della gente, stigmatizzando un agire politico spesso lontano dal Paese reale e concentrato sugli interessi di pochi.

Un secondo messaggio che ho colto nel nuovo allestimento di Villa Frigeri è l'attenzione alla didattica e alla comunicazione: per il modo in cui i reperti sono esposti e le aree territoriali di provenienza sono presentate, la visita al Museo si trasforma in un viaggio ideale nello spazio e nel tempo. Non risulta difficile sentirsi coinvolti, partecipi e continuatori di un cammino che viene da lontano e in cui l'educazione e la cultura ci hanno inseriti. Il richiamo che mi viene naturalmente da fare è quello alla sfida educativa, che la Chiesa italiana ha scelto come motivo ispiratore dell'impegno del decennio appena iniziato. Si tratta di mettere al centro specialmente i giovani, il loro futuro, che è poi il futuro di tutti, la loro educazione, intesa come il progressivo inserimento nella realtà totale e nelle chiavi di lettura necessarie per interpretarla e per incidere in essa. Pasqua rivela in questa luce tutto il suo straordinario potenziale educativo: il Dio per noi, che si consegna alla morte per dare a noi la vita, ci fa comprendere come il senso d'esistere sia l'amore, e come sciupata sia solo quella vita che si consuma in se stessa senza spendersi almeno in qualche forma al servizio degli altri, in rapporto all'amore infinito che tutti trascende e chiama.

Infine, mi ha colpito nel nuovo allestimento del Museo Archeologico Nazionale di Chieti il richiamo a quella che definirei la «trasgressione simbolica»: si tratta della provocazione a gettare ponti fra le lontananze, fra il passato e il presente, fra la vita e il suo oltre. Ciò avviene anzitutto grazie al carattere evocativo di preziosi reperti, come gli stupendi letti funerari ornati da elegantissime forme di avorio scolpito, che dicono quale senso di rispetto si avesse per la dignità del defunto e quale considerazione del «vallo estremo», aperto in direzione dell'Eterno. Qui il collegamento ai motivi della Pasqua è chiaro, se solo si pensa a quanto Cristo risorto significhi per il credente in termini di vita eterna e di speranza affidabile. C'è poi un'altra operazione, che è forse la più originale e creativa del nuovo allestimento museale: la collocazione del capolavoro dell'arte italica preromana, il guerriero di Capestrano, in un ambiente a forma di santuario-caverna, rivestito di polvere di pietra della Majella, solcata dai graffiti di un grande artista contemporaneo, Mimmo Paladino. L'effetto «contaminazione» è straordinario: il vero «naif» sembra l'Autore moderno, mentre l'«evoluto» appare il raffinato scultore arcaico. Il passato si fa presente così con straordinaria efficacia e sembra dialogare con l'oggi e schiudere nuovo futuro. La memoria diventa profezia e speranza. E anche qui, la connessione col messaggio di Pasqua è potente: l'una volta per sempre della morte e resurrezione del Figlio di Dio fatto uomo diventa pegno e promessa del futuro del mondo e della vita immortale. Trasgredire le soglie che chiudono gli orizzonti, aprire lo sguardo all'altrove, tenendo insieme l'oggi, l'ieri e il domani, come il simbolo sa fare con la sua continuità di senso nell'eccedenza del significato: è questo l'augurio per tutti, affinché nessuno si chiuda nel peso dell'adesso, e le ragioni di vita siano per tutti più forti della rinuncia e della penuria di speranza. Chi visiterà il bellissimo Museo di Villa Frigeri provi a pensare queste provocazioni. Anche così Cristo risorge per tutti. Buona Pasqua!

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