Polpettine di pesce e il piatto tradizionale diventa creativo
Lo chef De Antoniis del ristorante “Cipria di Mare” di Teramo rinnova i maccheroni alla chitarra con una spesa di 20 euro
TERAMO. «La cucina teramana è una cucina importante, ricca, variegata, costituita da grandi prodotti di terra e di mare. Può vantare un articolato e cospicuo campionario di tipicità ed eccellenze concentrato in un territorio relativamente piccolo».
Alessandro De Antoniis è il creativo chef e titolare del ristorante teramano “Cipria di Mare”, aperto 5 anni fa in eleganti locali accanto alla ventennale pescheria di famiglia (dove invece si può pranzare velocemente scegliendo dal bancone del pesce fresco cosa mangiare). Già nel 2008, un anno dopo l’apertura, Cipria di Mare entra nella Guida dell’Espresso. Cuoco giovane, Alessandro unisce curiosità e voglia di giocare (evidente anche nei nomi dei piatti elencati nel ménu, come nel caso del Brodetto in Doppiopetto, tutto da gustare senza schizzarsi addosso) a competenza e aggiornamento continuo, con salde radici nella cucina tradizionale appresa in famiglia.
«Non dimentico la cucina della nonna. La cucina deve essere evocativa, in un sapore devi riscoprire una sensazione, un ricordo del passato, i sapori devono essere riconducibili a qualcosa» spiega, facendo pensare ai flash proustiani. «Devi riuscire a capire quello che mangi, devi poter riconoscere i sapori che compongono un piatto per capire se esso ti piace realmente, consapevolmente, o meno». Originario di Alba Adriatica ma oramai teramano a tutti gli effetti, alle spalle il diploma al liceo scientifico, Alessandro De Antoniis è un cuoco autodidatta, con la passione per la cucina da sempre. «Ho iniziato molto giovane a lavorare nel campo della ristorazione, in alcuni locali della costa. Ho appreso così disciplina e sacrificio». Nel suo ristorante ama divertirsi, ogni pretesto è buono per giocare nell’ideazione di un piatto: «Mi piace mescolare, fondere i vari ingredienti in una cucina che oggi va di moda definire fusion». Alessandro usa il termine ironicamente, e dà inoltre per scontato che si debba partire da punti fermi come bontà del piatto, tradizione, territorialità, stagionalità («Banale ripeterlo, ma sono i punti di partenza»). La Chitarra alla TerraMare è una delle sue invenzioni, un primo ideato per sorprendere gli amanti del classico piatto teramano, giocando anche nel nome con un’assonanza al dialettale Chitarra a la Terraman’: «Preferisco non fare i piatti che tutti fanno a casa propria. Devi proporre sempre qualche sorpresa, qualcosa che stupisca».
Come le crêpes nel brodo di pesce San Pietro, rivisitazione marinara delle scrippelle ‘mbusse (che vanno in brodo di gallina), o il Diplomatico di scampi, ispirato nell’architettura al celebre dolce ma riempito con tartare di scampi crudi, «un piatto molto tecnico, giocato sull’opposizione di dolce e salato, morbido e croccante». Al centro della sua Chitarra alla TerraMare, piatto di terra che va all mare, Alessandro pone le alici per le pallottine e la rana pescatrice per il sugo. La testa, per la precisione. «La rana pescatrice è un po’ come il maiale. Non si butta via niente. La parte nobile è la coda, da preparare in mille modi. Ma di questo pesce si può utilizzare tutto, la testa con guanciotte e nervetti per il sugo o il brodo, il fegato per il ripieno dei tortelli, la trippa poi è buonissima. Oggi inoltre, con il nostro lavoro aiutato dalla tecnologia, è importante il riuso. Alcuni cuochi essiccano la pelle di pesci come il rombo per farne chips croccanti. Indubbiamente occorrono più cura tempo e fatica per cucinare le parti povere di un pesce, ma possono essere proprio loro a determinare la differenza di un piatto». Le classiche pallottine di carni miste qui sono sostituite da pallottine di alici, preparate con la stessa abilità manuale richiesta per le prime, che non devono essere più grandi di piselli: «Da noi le pallottine sono come i cappelletti nel nord Italia. Una volta soprattutto si riteneva rivelassero femminilità e pazienza. Pallottine piccole e perfette erano state fatte sicuramente da una donna dalle mani piccole, dunque delicata».
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