Tutti “pazzi” per i droni multiuso ma attenti, ci sono scuole e regole
Gli aerei a pilotaggio remoto sono sempre più utilizzati nei cantieri, in agricoltura, nei soccorsi e nella aerofotogrammetria. L’Enac ha fissato limitazioni e requisiti anche per chi li usa per gioco
L'AQUILA. Li vediamo volare sulle nostre teste in mille situazioni diverse, utilizzati per fare video nei matrimoni o per realizzare documentari, in agricoltura o in ambito di Protezione civile per la ricerca di persone scomparse. Quello dei droni è, però, ancora un mondo sconosciuto e parecchio incline all'abusivismo. In Abruzzo non esistono dati ufficiali sul numero degli "aerei a pilotaggio remoto", sugli operatori che ne fanno uso e sulle aziende che li producono. La “galassia” degli operatori abusivi è sterminata e mette "fuori gioco" quella dei professionisti che si sono messi nel frattempo a passo con l'iter di certificazione Enac.
REGOLAMENTO. Dal 30 aprile scorso è entrata in vigore la normativa Enac (Ente nazionale per l’aviazione civile) per i “mezzi aerei a pilotaggio remoto” comunemente chiamati droni. La normativa interessa tutti gli operatori professionali (ditte, aziende e organizzazioni anche pubbliche) che intendono utilizzare i sistemi aerei a pilotaggio remoto per effettuare lavoro aereo professionale (Sapr). Per poter effettuare quelle che vengono definite dall'Enac "operazioni specializzate", è necessario essere autorizzati.
Diverso il discorso per gli appassionati di aeromodellismo, che non hanno bisogno di alcuna autorizzazione a patto che rispettino determinate limitazioni. Non solo: i piccoli aerei a pilotaggio remoto devono essere in possesso di una polizza assicurativa e di un patentino. Per capirci: pilotare un drone senza assicurazione e senza patentino equivale a mettersi alla guida di un'automobile non assicurata e senza patente. Può andare tutto liscio; ma se investiamo una persona sono guai e se veniamo fermati a un posto di blocco ci viene requisita l'automobile.
NUMERI. Nel mare magnum del mondo dei droni, Enac ha cercato di fare un po' di ordine con un rapporto messo a punto a 12 mesi dall'introduzione delle misure regolamentari per gli aeromobili a pilotaggio remoto (in occasione della "Roma drone conference" del 19 dicembre).
Emerge che sul territorio nazionale sono un centinaio le aziende che hanno svolto l'iter previsto da Enac, e di queste una trentina sono già autorizzate a fare attività specializzata. Al momento Enac non consente voli in alcune aree critiche, come zone affollate, centri abitati e vicino agli aeroporti, ferrovie, autostrade e così via. Ma la flotta che vola in Italia è costituita da circa 6mila droni (esclusi i giocattoli, ossia gli aeromodelli che sono decine di migliaia e per i quali c'è un capitolo a parte del regolamento Enac che stabilisce una serie di limitazioni e requisiti: ad esempio si può "giocare" in zone di campagna o campi di volo e devono pesare meno di 25 kg). Questo significa che il 99% circa dei droni utilizzati volano senza rispettare le regole.
L'Enac ha comunque stilato una lista degli operatori che utilizzano i droni. E in Abruzzo esiste una sola azienda che ha ottenuto il riconoscimento ufficiale: la Airabruzzo di Pescara.
FENOMEMO. Quello dei droni è un fenomeno in crescita, ancora tutto da scoprire. Una frontiera anche occupazionale, soprattutto per i settori scientifici, tecnici e informatici.
«La nostra azienda oggi è composta da tre persone stabili più altri quattro collaboratori», racconta il titolare della Airabruzzo, Antonello Di Matteo, «siamo nati sei mesi fa ed entro il 2015 puntiamo a crescere fino a 10 unità».
Come? «Il nostro obiettivo è creare un network, una rete di competenze, servono professionisti: oltre ai piloti, un esperto di manutenzione, uno di montaggio-video e così via. L'importante è essere predisposti alla tecnologia e alle materie scientifiche e avere voglia di aggiornarsi. E' l'unica risposta agli abusivi».
L'ITER ENAC. Un operatore che intende utilizzare i droni deve rispettare l’iter in quattro step: ottenere il riconosciento della propria organizzazione; il pilota del drone deve essere riconosciuto e in possesso del cosiddetto patentino; le macchine devono essere certificate e idonee; è obbligatorio un contratto di assicurazione in caso di danni contro terzi. Inoltre, tutte le macchine devono essere certificate o attraverso una certificazione di tipo (le aziende che producono in serie la ottengono per un modello e vale per tutti quei modelli) oppure attraverso l'attività sperimentale svolta dagli operatori (per ognuna delle macchine prodotte).
Sono in corso gli iter presso Enac per certificare le aziende costruttrici di droni. Oltre ad Airabruzzo, all'Aquila c'è la Eadrone che sta per mettere in commercio il quadricottero Miodrone per il quale ha chiesto il riconoscimento Enac.
I SETTORI DI UTILIZZO. Si va dall'aerofotogrammetria (foto aeree gestite da software per fare rilievi di terreni in ambito topografico), al controllo dei cantieri e dello Stato di avanzamento dei lavori (anche la società abruzzese Toto costruzioni utilizza droni per controllare l'evoluzione dei lavori nei propri cantieri), dalla Protezione civile, per esempio in caso di allagamenti e terremoti e per la ricerca di persone scomparse, alle campagne anticendio, fino all'agricoltura e al monitoraggio ambientale e dell'abusivismo edilizio.
Ma quando sono organismi o enti pubblici a richiedere l'utilizzo di un drone (ad esempio per la ricerca di una persona scomparsa), è facile che ci si rivolga a operatori sprovvisti delle autorizzazioni. E il rischio di diventare a loro volta abusivi è reale. Meglio quindi rivolgersi ai professionisti certificati. Anche perché l’Enac ha coinvolto la Polizia nel controllo degli abusivi.
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