megadiscarica incendiata
Chieti, il rogo fa sparire le prove. L'Arta: nell'aria nessuna diossina pericolosa
Le analisi escludono la presenza di cloruri derivanti dalla combustioni di pvc. Si tenta di spegnere l'incendio anche con l'elicottero. La procura ha aperto l'inchiesta dopo che le fiamme hanno divorato tutto, anche i documenti che legano la nostra Terra dei Fuochi ad Acerra, nel Napoletano
CHIETI. Le prove ormai sono cenere. L’inchiesta per incendio doloso arriva troppo tardi. La procura l’ha aperta ieri sera, dopo che le fiamme hanno divorato tutto. Anche i documenti che legano la nostra Terra dei Fuochi ad Acerra, nel Napoletano. É un rogo doloso perché è partito da più punti. É un incendio che ha avvelenato l’aria di diossina. Tutti sono arrivati tardi, tranne i piromani. Siamo entrati nella Terra dei Fuochi alle porte di Chieti, tra tonnellate di rifiuti pericolosi che ardono mentre una colonna enorme di fumo nero e denso si alza verso il cielo buio.
A tre metri dalle fiamme, senza mascherina e rischiando, abbiamo voluto documentare l'incendio doloso della megadiscarica abusiva sequestrata nel 2009 ma poi dimenticata. Sono le due della notte tra sabato e domenica, il rogo è partito alle 23,10. La stradina in salita, lunga trecento metri, che porta alla discarica sembra l'ingresso dell'inferno.
Eccole le ecoballe avvolte dalle fiamme, dal fumo e dall’odore acre della diossina che fa subito sentire un bruciore in bocca e poi nei polmoni. Gli occhi diventano rossi, mentre il cellulare documenta il rogo che ha distrutto non solo i rifiuti ma anche quei documenti mai sequestrati e custoditi per sei anni in un gabbiotto che ora è esploso. Documenti che parlano di collegamenti con la discarica e con il termovalorizzatore di Pantano di Acerra, nel Napoletano, dove a marzo sono stati portati via 21mila tonnellate di ecoballe. Quegli atti sono rimasti nel gabbiotto insieme a fatture e bolle d’accompagnamento. E insieme anche a migliaia di medicine scadute, accatastate in un capannone, poi bombole di color verde, sacchi marcati Solvay e bidoni molto sospetti perché con una grande “R” nera stampata su fondo giallo che sta a significare: rifiuto ospedaliero radioattivo.
Ora non c’è più nulla di questa montagna orrenda di veleni che il Centro aveva fotografato e filmato due domeniche fa. E in mezzo al rogo, di tanto in tanto, si sentono esplosioni che mettono paura, mentre il vento cambia e il fuoco si sposta velocemente verso di noi. Sul posto, tra i primi ad arrivare, nel cuore della notte, dopo i vigili del fuoco, ci sono il sindaco di Chieti, Umberto Di Primio e il consigliere dell'M5S Ottavio Argenio, l’assessore di Bucchianico, Giovanni Panara in continuo contatto con il sindaco Gianluca De Leonardis che raggiungerà il posto in mattinata con l’assessore regionale alla Protezione civile Mario Mazzocca e il consigliere teatino del Pd, Luigi Febo. La politica corre sul luogo del disastro e del crimine. Ma anch’essa è arrivata troppo tardi.
Fuoco, esplosioni e ventate d’aria calda. Nel cuore della notte, nessuno indossa mascherine. Arriviamo a un passo dal rogo per renderci conto della devastazione studiata a tavolino, chissà da dove e da chi, di 4mila metri quadrati sulla collina tra Colle Marcone di Chieti e Bucchianico. Un vigile del fuoco conferma che le fiamme sono partite dall’intero fronte, cioè il rogo è sicuramente doloso e innescato con benzina o altro liquido infiammabile di cui però non si troverà più alcuna traccia.
L’aria è irrespirabile, sa di acido. Ci lasciamo l’incendio alle spalle che sono le 3 e mezza. Ma cinque ore dopo torniamo sul posto. Le fiamme non ci sono più, tutto è avvolto dal fumo. Ma sotto la massa nera di plastica, bidoni e cartoni, il rogo continua. Questa volta indossiamo le mascherine e incontriamo i vigili del fuoco con uno strumento, il Dr13, che serve per scoprire la radioattività che, per fortuna, non c’è. Ma gli esperti dell’Arta rilevano con speciali attrezzature i veleni, come la diossina, il benzene, lo xilolo e il toluone, che l'incendio di rifiuti tossici ha prodotto e sta diffondendo nell'aria della nostra Terra dei Fuochi. Solo oggi, però, gli effetti della bomba ecologica saranno resi pubblici. Così per ora non c’è alcuna ordinanza di sgombero delle case nelle immediate vicinanze della discarica ma c’è il divieto, da parte dei due sindaci, Di Primio e De Leonardis, di consumare ortaggi, frutta e uova prodotti nel raggio di un chilometro dalla rogo dei misteri. E la raccomandazione di tenere le finestre chiuse. Chiuso l’asilo di Colle Marcone. Due ruspe di una ditta privata, chiamato dal sindaco di Chieti durante la notte, aprono un primo varco tra il fango che da marzo blocca la strada provinciale Chieti-Casalincontrada. Ieri mattina, le ruspe completano il lavoro. Ma sul posto, mentre i rifiuti ardono ed i vigili insieme agli uomini della forestale lavorano protetti con maschere antigas, non si vede un’anima della Provincia, che ha competenza sulla strada, né della Asl, che deve tutelare la nostra salute. Il varco aperto dalle ruspe permette ai vigili di intervenire più rapidamente, rifornendosi d’acqua e sostanza ignifuga al Megalò. Le stesse ruspe infine salgono per quella viuzza che porta al luogo del rogo e cominciano a spargere i rifiuti ardenti. L’operazione va avanti per ore. Solo ora è possibile gettare acqua.
Farlo prima, con un elicottero o un Canadair, era inutile. Da oggi è entrato in funzione l'elicottero antincendio dei Vigili del fuoco, che captano l'acqua dal lago di Casalincontrada. La cronaca dall’inferno finisce qui. Oggi sapremo quant’è la diossina nell’aria. Ma ci interessa anche vedere in volto i criminali che ci hanno avvelenato.